Parolin: “Nulla di prematuro nel riconoscere lo stato di Palestina. La Santa Sede l’ha già fatto”

Il segretario di Stato vaticano respinge l’idea che il riconoscimento sia prematuro: “È la soluzione, non il problema. La pace passa da due stati”. E invita i paesi del G7 a seguire l’esempio della Santa Sede, che dal 2015 intrattiene rapporti ufficiali con Ramallah

“Prematuro riconoscere lo stato di Palestina? Perché prematuro? Per noi è la soluzione”. Così il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato vaticano, ha risposto alle perplessità di alcuni leader europei, tra cui la premier italiana Giorgia Meloni, che pure si sono detti favorevoli ma ritengono i tempi non ancora maturi. La Santa Sede non ha alcun dubbio invece, avendo già riconosciuto da ormai più di dieci anni lo stato di Palestina.

L’occasione è stata un evento pubblico a Roma, dove Parolin ha commentato le recenti prese di posizione internazionali, a partire da quella del presidente francese Emmanuel Macron, che nei giorni scorsi ha espresso sostegno all’ipotesi di riconoscere formalmente la Palestina come stato. Con una battuta, il porporato ha ricordato come la Santa Sede sia stata fra i primi attori globali a muoversi in questa direzione: “Da mo’, come dite voi, che l’abbiamo riconosciuto lo Stato di Palestina”. Il Vaticano, infatti, intrattiene dal giungo 2015 pieni rapporti diplomatici con lo stato di Palestina, sanciti da un accordo bilaterale che ha reso operativa una scelta maturata già nei decenni precedenti. Per la diplomazia pontificia, il riconoscimento non è dunque una prospettiva futura ma un dato di fatto: la strada verso la pace in medio oriente passa, da sempre, per la soluzione dei “due stati”, Israele e Palestina, che convivano fianco a fianco, in autonomia e sicurezza.

L’Accordo Globale con lo stato di Palestina del 26 giugno 2015 ha confermato il sostegno della Santa Sede al diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla libertà, basandosi su una soluzione di due stati che condividano confini e sicurezza nel rispetto del diritto internazionale e delle risoluzioni Onu, in particolare quelle relative alle frontiere del 1967. Questa intesa non è stata solo un gesto simbolico, ma un vero e proprio impegno diplomatico pluriennale, nato da un percorso iniziato già nel 2000 con un accordo base tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), e rafforzato dopo il riconoscimento della Palestina quale stato osservatore non membro Onu nel 2012.

Parolin, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha auspicato che anche gli altri paesi del G7 possano seguire questa via: “Credo di sì – ha affermato – per noi questa è la formula”. A chi teme che la complessità del conflitto renda l’ipotesi prematura, il cardinale replica che l’unica via resta il dialogo diretto tra le parti. Certo, ha ammesso, “diventa sempre più difficile per la situazione che si è creata in Cisgiordania: questo non aiuta dal punto di vista pratico la realizzazione dello stato di Palestina”. Un contesto reso ancor più delicato dalle tensioni recenti e dai fallimenti dei processi di pace, che rendono ogni proposta sul futuro della regione particolarmente fragile. Tuttavia, la Santa Sede guarda con interesse alla conferenza internazionale che Francia e Arabia Saudita stanno preparando a New York, nella speranza che possa portare passi concreti verso una soluzione negoziata.

Con la sua posizione, il Vaticano conferma un orientamento storico: sostenere il diritto di entrambi i popoli a una patria sicura e riconosciuta, invitando la comunità internazionale a non rinviare oltre ciò che, per la diplomazia della Santa Sede, è già realtà da tempo.

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