L’artista racconta la sua pratica pedagogica e la Scuola dei Sassi di Matera: “Un laboratorio di idee e relazioni per rendere visibile ciò che rischia di sparire”. Pedagogia e imprevisto. “Il fallimento è parte del processo”
Intervista realizzata in collaborazione con Anna Setola
Che ruolo ha l’invisibile nella tua idea di spazio urbano?
Ripensando alla città come spazio transpedagogico, l’invisibile sostanzia le relazioni tra gli individui nelle esperienze di autorganizzazione e di risignificazione dello spazio urbano. Laddove la pubblica amministrazione non riesca a intervenire, prima che la privatizzazione e le dinamiche di matrice neoliberista prendano il sopravvento, è necessario rafforzare reti di reciprocità che possano rendere visibile quel che rischia di essere consumato e soffocato. Qui interviene la pratica artistica, attraverso la cura quotidiana e l’attenzione nel far emergere voci altrimenti inascoltate, nel comprenderle e nel tradurle in una sintesi formale capace di espandere criticamente la nostra visione e percezione della realtà.
In che modo hai iniziato a fare l’artista?
Attraverso esercizi di autoriflessività, condivisi prima con la mia cerchia di amici e affetti più cari, e poi, via via, estesi ad abitanti di altre città, comunità di pratica, studenti e studentesse con cui mi sono confrontato tra l’Italia e gli Stati Uniti, Cuba, India, Spagna, Corea del Sud, Egitto e Palestina.
A che cosa stai lavorando?
Negli ultimi anni ho investito risorse ed energie nell’ideare e coltivare il progetto della Scuola dei Sassi a Matera, un laboratorio territoriale permanente, indipendente e gratuito, dedicato ad adolescenti e giovani adulti di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Dopo aver terminato un Dottorato in Ingegneria dell’Architettura e dell’Urbanistica alla Sapienza Università di Roma con una tesi incentrata sul processo fondativo dell’istituzione culturale come strumento per rigenerare il patrimonio, ora mi sto impegnando nel consolidare ulteriormente la ricerca teorica, di pari passo con lo sviluppo dell’iniziativa e della pratica situata nel territorio.
Nei tuoi workshop, come gestisci il rapporto tra metodo pedagogico e imprevisto?
L’imprevisto così come il rischio del fallimento sono elementi fondanti di una metodologia partecipata e di una pratica artistica socialmente impegnata in un’ottica comunitaria e transdisciplinare. In tal senso non mi piace tanto parlare di orizzontalità, quanto di reciprocità asimmetrica tra i vari soggetti coinvolti. Questo presupposto è essenziale per riconoscere le differenze di ciascuno, innanzitutto anagrafiche, così come le esperienze pregresse e le motivazioni che ispirano un patto educativo. Il riconoscimento dell’inciampo diviene dunque chiave in un approccio pedagogico sperimentale in cui i processi di negoziazione dei ruoli costituiscono i fondamentali.
Che cos’è per te lo studio d’artista?
Un laboratorio di idee, in cui non si utilizzano materiali, ma si mettono a confronto prospettive e punti di vista distanti, a volte affini, a volte divergenti. Uno spazio di libertà in cui l’altro non si sente strumentalizzato ma contribuisce a un percorso di apprendimento reciproco.
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Veduta della città con il nuovo presidio della Scuola dei Sassi, Matera. Ph. Pierangelo Laterza
Dettaglio del portale di ingresso, Scuola dei Sassi, Matera. Ph. Pierangelo Laterza
Dettaglio degli interni, Scuola dei Sassi, Matera. Ph. Pierangelo Laterza
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Com’è organizzata la tua giornata?
Trascorro molto tempo a studiare, a leggere e a scrivere, oltre che a coltivare le relazioni umane che nutrono le mie opere.
Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?
John Dewey, Claire Bishop, Pablo Helguera, Tania Bruguera, Emily Jacir, ruangrupa.
In che modo la Scuola dei Sassi a Matera si integra nella tua pratica artistica?
L’iniziativa, lo spazio e il programma sono il perno attorno cui ruotano i miei impegni, da cui si irradiano nuove progettualità, in cui confluiscono e sedimentano storie, discorsi, visioni. L’intenzione, per il futuro, è potenziare i legami tra le esperienze locali e molteplici traiettorie esterne, ottimizzando le opportunità di ricerca e produzione. In dieci anni ho realizzato diverse opere in città, prima e dopo il 2019, in collaborazione con diverse istituzioni locali e internazionali. Dopo tanti anni trascorsi all’estero credo sia importante radicarsi nel territorio e al contempo mantenere un dialogo aperto con il sistema.
Qual è la funzione dell’arte oggi?
A differenza del design e dell’architettura l’arte non deve risolvere un problema o proporre una soluzione. Può piuttosto contribuire a sviluppare la propria capacità immaginativa e il pensiero critico individuale, senza la guida dell’altro, ma attraverso l’ascolto attivo degli altri.
Le opere
Valerio Rocco Orlando, Eva, 2010. Veduta dell’installazione. Courtesy dell’artista e ISCP, New York, Stati Uniti
Eva: “Non c’è tempo, non c’è spazio.”
Valerio Rocco Orlando, Osmosis, 2016. Workshop. Courtesy dell’artista e AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, Bergamo
Marta: “Che rischio ti prendi oggi?”
Valerio Rocco Orlando, What Education for Mars?, 2015. Veduta dell’installazione. Courtesy dell’artista e Museo Marino Marini, Firenze. Ph. Antonio Angelucci
José: “Si stabilisce un dialogo con sé stessi o con i compagni al di là dello studio, e molto dialogo con la natura.”
Valerio Rocco Orlando, Truth is a pathless land, 2015. Scultura di luce al neon bianco, 20 x 200 cm. Collezione privata, Milano
Sunny: “Educazione per me significa apprendere ciò che desideri, non quello che gli altri si aspettano che tu apprenda.”
Valerio Rocco Orlando, Portami al Confine, 2017. Workshop. Courtesy dell’artista e MUSMA, Matera. Ph. Luca Centola
Peppino: “Nel momento in cui io vedo via del Duomo io immagino che là c’era il ponte levatoio; immagino che in piazza del Sedile c’era una gravina; immagino che c’era un fosso; immagino che alla destra c’era il Castello e alla sinistra c’era la Rupe; e quindi io, nel momento in cui cammino e vado verso la Cattedrale, immagino tutto questo e vedo i Sassi diversamente da come li vede il turista che vede esattamente l’odierno, quello che è visibile.”
Valerio Rocco Orlando, Dialogue with the Unseen, 2019. Production still. Courtesy dell’artista e A.M. Qattan Foundation, Ramallah, Palestina
Saleh: “L’invisibile sta dietro di me, ma è anche dentro di te.”
Valerio Rocco Orlando, A Sud dell’Immaginazione (South of Imagination), 2021-2022. Production still. Courtesy dell’artista e Museo del Novecento, Milano
Nadia: “Se adesso ci penso ci vedo tanti ragazzi, vedo me stessa, vedo persone che conosco e persone che non conosco, e ciò che condividiamo sono opinioni, tanta voglia di confrontarsi, perché penso che a Matera manchino luoghi dove sedersi con gli altri, conoscersi, confrontarsi, e creare.”
Valerio Rocco Orlando, A Sud dell’Immaginazione (South of Imagination), 2021-2022. Workshop. Courtesy dell’artista e INBA, Tétouan, Marocco
Barbara: “È un luogo che cambia, perché cambiano le esigenze di chi passa da questo luogo, di chi si ferma ad ascoltare in questo luogo, di chi si ferma a parlare in questo luogo. Questo posto secondo me è pronto ad accogliere e ascoltare chi ha da dire, chi ha bisogno di ascoltare, chi ha bisogno di fare”.
Valerio Rocco Orlando, Community Specific Archive. Video still. Courtesy dell’artista e CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Gabriele: “Si deve dare il cento per cento di sé stessi, altrimenti è inutile, non cogli la possibilità di crescere e maturare idee.”
Valerio Rocco Orlando, Chi diventare?, 2023. Scultura di luce al neon bianco, 60 x 350 cm. Courtesy dell’artista e GAMeC, Bergamo. Ph. atelier XYZ