L’insopportabile termine viene applicato di preferenza a cibi vili, per nobilitarli agli occhi dei clienti polli. Ma chiamarle in quel modo non basta a nasconderne l’origine plebea
A dieci anni dalla massificazione della pizza gourmet, a venti dall’invenzione della medesima (ma una data certa non esiste, qualcuno risale addirittura alla “pizza degustazione” di Simone Padoan, Pizzeria I Tigli, San Bonifacio, Verona, 1999), ancora e ancora pizze gourmet, e panini gourmet, e pinse e puccie gourmet, qualsiasicosa gourmet. Che poi non è del tutto vero, qualsiasicosa: mai sentito parlare di aragoste gourmet, ostriche gourmet… L’insopportabile parola viene applicata di preferenza a cibi vili, per nobilitarli agli occhi dei clienti polli. Gourmet come coroncina mentre invece è soltanto un sinonimo di “commestibile”. Pizza gourmet, quando va bene, vuol dire pizza che non ti rimane sullo stomaco tutta la notte. Quando va male, pizza più costosa delle altre. Io comunque riguardo la pizza sono un uomo antico, non sono rimasto agli anni Novanta (in tal caso sarei vecchio), no, sono fermo al 1871, l’anno in cui Collodi andò a Napoli per pronunciare una stroncatura memorabile: “Quel nero del pane abbrustolito, quel bianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo verdacchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e quei pezzi rossi qua e là di pomidoro danno alla pizza un’aria di sudiciume complicato”. La gourmettizzazione ha risolto in parte il problema del sudiciume (non del tutto perché rimane il rischio di sporcarsi mentre la mangi) però non quello dell’onnipresente pomidoro, che come ortaggio colloco poca sopra le melanzane, e della complicazione. E i panini? Non so, non li mangio nemmeno all’autogrill. E pinse e puccie? Mai assaggiate, mai neanche capito bene cosa siano: carboidrati grevi, giusto? Chiamarle gourmet non basta a nasconderne l’origine plebea, e nemmeno la destinazione, sempre plebea.
Ma naturalmente la ripugnante parola tocca il punto più basso nel cibo gourmet per gatti. O magari, non c’è limite al peggio, cibo per gatti gourmet, dove si vede come una prerogativa di gentiluomini raffinatissimi (Brillat-Savarin, Grimod de la Reynière…) dopo giusto due secoli sia finita a quattro zampe: dal dandy alla bestia. Come se ne esce? Sostituire gourmet-aggettivo con “buono” è impensabile, primo ingrediente della ristorazione è la mistificazione, dire la verità ossia che esistono due categorie di pizzerie, la prima in cui vengono servite pizze passabili, la seconda in cui ti sbattono davanti pizze immangiabili, non è proprio possibile. Bisogna pertanto aspettare che gourmet-aggettivo tiri le cuoia da solo, che il troppo finalmente stroppi. Viceversa si può sostituire gourmet-sostantivo senza particolari problemi. Basta con il barbaro dominio! Si riapra il vocabolario italiano, si torni a dire “buongustaio”.