La guerra che bussa alla porta

Nella stanza di un pronto soccorso un piccolo incidente a al dito porta a una riflessione più profonda innescata da un’insolita confessione: la paura che la guerra possa bussare alla propria porta

Mezzanotte, e l’afa grava ancora su Milano. Al Pronto Soccorso del Fatebenefratelli poca gente. Nella luce gialla della sala d’attesa stranieri, e italiani anziani. Accanto a me – mi sono chiusa un dito nella portiera dell’auto – una donna si spruzza di Autan: le zanzare dunque convergono unanimi verso gli altri presenti. A destra c’è un vecchio, maghrebino direi, la faccia bruciata dal sole. So che in questo Pronto soccorso a Porta Nuova cercano rifugio, nel colmo dell’inverno o del maltempo, dei clochard. Ma è estate ora, ed è ubriaco o cos’ha quest’uomo, che nel sonno dalla sedia pencola fino a quasi cadere? Un crocefisso gli oscilla al collo. Ha i polsi fasciati di bende. S’è tagliato per disperazione? O forse solo per trovare asilo per una notte? Mi colpisce come tutti, e io stessa, fingiamo di non vederlo. Ripenso agli ospedali di quarant’anni fa a Milano: non c’era quest’indifferenza densa come, stanotte, la cappa di calore. Quanto al mio dito me la cavo con poco, medici gentili, Rx, medicata, dimessa.



Ringrazio e vado, in fretta. Fuori, l’afa opprime. Chiamo un taxi. Pulsa attorno la movida a Brera, vive la Milano dei sani. Solo, in fondo alla via intravvedo l’arco di Porta Nuova illuminato a giorno, e, dietro, altissima, la torre di Unicredit con la guglia puntuta. Un urto al cuore: davanti a quell’arco passavo ogni mattina, il grembiule bianco addosso. Quanto straniera invece stanotte Porta Nuova, e lontana, quasi la vedessi da un oltre – già essendo andata. Il taxista è loquace. Dal sindaco ai monopattini, ce n’è per tutti. “Città impossibile”, dice – in verità lo dice con un classico francesismo. “Sa però”, continua lui, sui cinquanta, milanese, mentre sfioriamo il buio del Parco “una cosa? Io ho un po’ di paura. Lei non ha paura che arrivi fino a qui, la guerra?”. Sì, ammetto: anche io ho paura che la guerra possa bussare un giorno alla porta. Sono a casa. Mai, rifletto, avevo detto una cosa simile a Milano. Nella notte greve d’afa, fra due estranei una confessione indicibile.

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