Il Napoli poteva prendere un vantaggio interessante sull’Inter. Poi sono arrivati i gol di de Vrij e Angeliño a far rimanere le cose come stavano in un campionato che prova a coprire i buchi lasciati dagli affari di gennaio
Un’ora e mezza di film, sconvolta da un minuto di agnizione. Al cinema Campionato tutto cambia affinché niente cambi: se il gioco dell’oca e la tombola non vanno oltre i 90 numeri, per determinare la 23esima giornata di Serie A e – in quota parte – il futuro del torneo è stato necessario fruire di un bonus rimonta nei due campi non simultanei di Milano e Roma. Fino alla durata canonica, il Milan di Tijjani Reijnders stava mettendo sotto nel punteggio l’Inter più sfortunata di sempre; allo stesso fuso calcistico, il Napoli stava scappando all’Olimpico. Le reti di Stefan de Vrij e Angeliño riportano le lancette all’inizio, seppur con una giornata in meno a vantaggio dei partenopei (ma, di contro, rimane il non facile recupero nerazzurro a Firenze).
Questa è “La nota stonata”, la rubrica di Enrico Veronese sul fine settimana della Serie A, che racconta ciò che rompe e turba la narrazione del bello del nostro campionato che è sempre più distante da essere il più bello del mondo
Più attrezzata e convincente dei rivali cittadini, dall’esito della Supercoppa in poi l’Inter malcela un’inconscia paura fatalista nell’affrontare il Milan: ieri pareva quasi che l’ineluttabile incombesse, al di là di ogni sforzo, miracolo o logica. Le due pregevoli conclusioni del centrocampista olandese sopra un piatto della bilancia, tre pali (sempre lo stesso montante) e tre gol annullati dalle proiezioni ortogonali del Var gridavano al destino, da film americano great before. E se anche il pareggio sta stretto agli uomini di Simone Inzaghi, ben avranno accolto il punto che non li allontana ulteriormente dal Napoli, capace di controllare l’impeto di una Roma alternativa ma non di evitarne l’aggancio. Con l’impressione che la vera differenza, d’ora in poi, la faranno le panchine.
Antonio Conte, per dirne uno, certo non ama il mercato di gennaio, che da riparazione è diventato di rivoluzione: un dazio incombente e mai effimero, lascia indenni meno della formazione obbligatoria. Allenatori e tifoserie, esplicitamente, lo temono e non possono apprezzarlo: anche chi ne ha bisogno per coprire i buchi lasciati dai partenti o dai disimpegni societari. Eppure il suo impazzimento – che si vede da mille dettagli, come la scandalosa offerta a Theo Hernández da parte del Como comprotutto – contribuisce a far sì che ora inizi davvero un’altra mezza stagione, anche se il cambio climatico dice che esse non ci sono più: talmente casuali certe operazioni che possono funzionare random a ogni livello o rivelarsi presto flop, nonostante accrediti autorevoli.
“Ciò che siamo è ciò che rimane quando il resto se ne va”, recitano nel blockbuster Diamanti. Andatelo a dire a Eusebio di Francesco, attorno al quale stanno smontando la squadra pezzo per pezzo, al mero fine di gettare qualche spicciolo nel deposito vuoto. Tra barbe ammutinate del Bounty e capitan Schettino, il suo Venezia disfunzionale ricorda il manipolo di sbandati in Mediterraneo di Salvatores, rifugiati nell’isola aliena e adeguati pur tuttavia ad arredarvi là il proprio tunnel: un giro in giostra pagato da Drake. E se, contro i pronostico e la razionalità, ripetesse il percorso dell’Hellas Verona, dodici mesi orsono? Da domani in poi le rose rimarranno le stesse fino a giugno, i mal di pancia fluiranno a parametro zero, gli alibi sono finiti per tutti.