Fin dove arriva la tentazione europea di riaprire al gas russo

Germania, Ungheria e altri paesi favorevoli a un eventuale accordo ma von der Leyen intende presentare alla fine di marzo un piano per non cedere, dopo che il gas è stato usato da Mosca come un’arma nella sua guerra ibrida con l’Ue

L’Unione europea è già pronta a ritornare sul gas allo status quo ante l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022? Il Financial Times ieri ha scritto che la Germania, l’Ungheria e altri paesi sono favorevoli a riprendere a comprare gas russo che arriva attraverso gasdotti nell’ambito di un eventuale accordo per porre fine alla guerra. Secondo i favorevoli, questo permetterebbe di far scendere i prezzi dell’energia in Europa e di incoraggiare Vladimir Putin ad accettare un compromesso. Le rivelazioni sono state accolte con silenzi e imbarazzo da parte di diplomatici di diversi stati membri. “Andrebbe contro tutto ciò che è stato fatto e si sta facendo”, spiega una fonte, compreso da parte dell’Italia. La proposta è andata incontro a una ferma reazione da parte di un gruppo di stati membri che considera la Russia come una minaccia esistenziale. Polonia, Repubblica ceca, Paesi baltici e nordici ritengono che “sarebbe una follia tornare alla dipendenza dalla Russia e restituire a Putin un’arma di ricatto”, spiega al Foglio un diplomatico europeo. Una portavoce della Commissione ha ribadito che Ursula von der Leyen intende presentare alla fine di marzo un piano per “liberarsi” definitivamente dal gas russo.

Lo sforzo è iniziato da tempo. Anche i paesi con la più alta dipendenza hanno ridotto le importazioni via gasdotto. Alla fine del 2024 l’Austria è stata l’ultima a rescindere un contratto con Gazprom. Ma, malgrado la guerra, il gas russo continua ad arrivare nell’Ue. Dall’inizio della guerra un embargo non è mai stato decretato per evitare di danneggiare le economie europee, già in difficoltà. E’ stata la Russia a ridurre sempre di più i flussi verso l’Europa, ufficialmente per problemi tecnici, in realtà per manipolare il prezzo e spingerlo verso l’alto. Il gas è stato usato da Mosca come un’arma nella sua guerra ibrida contro l’Ue. Solo il primo gennaio, alla scadenza di un contratto con Gazprom, l’Ucraina ha interrotto il transito del gas russo verso Slovacchia e Ungheria attraverso il gasdotto Druzhba. I flussi di gas russo verso l’Ungheria attraverso il gasdotto TurkStream (che passa dalla Turchia e dai Balcani occidentali) proseguono. Così come prosegue l’importazione di gas naturale liquefatto russo, che ha raggiunto livelli record per l’Ue. La Commissione non ha incluso il Gnl nel sedicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia che i ventisette dovrebbero approvare in occasione del terzo anniversario della guerra. Il piano che von der Leyen intende presentare a marzo è di una “uscita graduale” dal gas russo, ha spiegato la portavoce della Commissione.

Le rivelazioni del Financial Times, tuttavia, mostrano la stanchezza di alcuni governi europei per la guerra, la loro tentazione di ritornare alla normalità con la Russia e le divisioni tra i ventisette sulla strategia da perseguire in Ucraina e per la sicurezza in Europa. L’Ungheria di Viktor Orbán è stato accusato dal premier polacco, Donald Tusk, giocare “nel campo” di Putin. In Germania una parte della Spd, il partito del cancelliere Olaf Scholz, è nostalgica delle buone relazioni passate con Mosca, anche a costo di sacrificare l’Ucraina. Una parte del mondo imprenditoriale tedesco spera di riallacciare i rapporti energetici con Mosca per uscire da una recessione che si trascina per il terzo anno consecutivo. La Polonia, i Paesi baltici e i paesi nordici sperano che il leader della Cdu, Friedrich Merz, faccia uscire la Germania dal campo dei prudenti dopo le elezioni del 23 febbraio. Ma la spaccatura va oltre la Germania e il tema del gas. Lunedì i capi di stato e di governo discuteranno in un vertice informale a Bruxelles come rafforzare la difesa in termini di capacità militari e risorse finanziarie. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, e l’Alto rappresentante, Kaja Kallas, hanno suggerito di tagliare le spese sociali. I paesi prudenti, lontani dalla minaccia russa, ritengono che “non sia utile contrapporre spese per la difesa e spese sociali”, spiega un funzionario.

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