Meloni: “Provocazione dei pm alla riforma”. Saltano le informative di Nordio e Piantedosi. Rebus Albania

La premier riunisce gli altri indagati sul caso Almasri: le toghe rosse contro di noi, ma il paese è con noi andiamo avanti sulla separazione delle carriere. E la vicenda di Santanchè passa in secondo piano: la ministra ora è più solida

Doveva essere la giornata di Giorgia Meloni irata per la sfrontatezza di Daniela Santanchè, ministra mai doma né dimessa, ma alle 17.05 tutto cambia. La premier si affaccia sui social per dire che è indagata dalla procura di Roma per peculato e favoreggiamento nel caso Almasri, il comandante libico accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte dell’Aia, arrestato e poi rilasciato e riaccompagnato a Tripoli su un volo di stato. Meloni dice, e quindi ripete, “che non è ricattabile”. Sempre Meloni cita Francesco Lo Voi, “lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona”. La premier è indagata in compagnia dei ministri Carlo Nordio (Giustizia), Matteo Piantendosi (Interno) e del sottosegretario Alfredo Mantovano. Non occorre nemmeno agitare con cura la faccenda: subito deflagra. Tutto il governo, tutti gli esponenti del centrodestra attaccano la magistratura ritenendo quello della procura non un atto dovuto ma un’aggressione politica.


Antonio Tajani, leader di Forza Italia, disegna l’elefante nella stanza: “E’ una reazione alla riforma della giustizia”.

La notizia cambia l’agenda della premier – già mutata per via della trasferta in Serbia cancellata causa caduta del governo – e precipita a Palazzo Chigi poco prima che inizi il Consiglio dei ministri. La riunione dura dieci minuti. Fino a sera la premier e gli altri protagonisti della vicenda si chiudono in una stanza per mettere a punto una strategia politica e comunicativa. Anche perché – almeno sulla carta – proprio oggi sono attese in Parlamento le comunicazioni di Piantedosi e Nordio sul caso Almasri. La segretaria del Pd Elly Schlein chiede a Meloni di presentarsi in Aula a riferire. E’ un’opzione sulla quale si ragiona nel vertice di governo. Intanto da quando tutto è noto Fratelli d’Italia esce con una comunicazione molto aggressiva e netta nei confronti dei magistrati. Sui social le parole di battaglia sono: “La magistratura rossa ci attacca. Il presidente del Consiglio, ci dispiace per voi, non è ricattabile”. Oppure: “Ora più che mai riforma della giustizia e separazione delle carriere”. Tutto si tiene in questo giorno della marmotta. Anche l’apprensione del Capo dello stato – e presidente del Csm – per questa ennesima puntata dello scontro magistratura-politica. Tutto nasce, questa volta, dall’esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti. Che Meloni colloca, nel suo video, come “molto vicino” all’ex premier Romano Prodi, oltre a ricordarne i clienti mafiosi poi pentiti difesi (come Buscetta e Brusca). Dalle parti del Professore dicono che, seppur un’esperienza come sottosegretario del secondo governo Prodi in quota Italia dei valori, Li Gotti viene da destra “da una lunga militanza prima nel Msi, poi in An”. Ma sono dettagli, rumori di sottofondo. Il fascicolo sarà trasferito al tribunale dei ministri. Tuttavia Nordio e Meloni pongono l’accento sulla discrezionalità dell’atto, cioè di aprire un’inchiesta, rifiutando il meccanismo dell’atto dovuto. In Via Arenula, in punta di diritto, sottolineano come la procura non abbia richiesto l’archiviazione nel trasmettere gli atti al tribunale dei ministri e come, a monte, in punta di diritto (comma 1 dell’articolo 335 del codice di procedura penale) abbia ritenuto il fatto (cioè il favoreggiamento di Almasri e poi il peculato per l’utilizzo del volo di stato con il quale è stato rimpatriato in Libia) “determinato e non inverosimile”. In serata, quando il diluvio di parole scroscia sulla politica italiana, l’Anm sostiene il contrario: che si tratti di un atto dovuto in quanto non è un avviso di garanzia bensì una comunicazione di iscrizione “previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89”. Meloni si trova davanti a uno scenario che in questi due anni, fra strappi e ricuciture, ha sempre cercato di evitare: tornare a uno scontro con le toghe come ai tempi di Berlusconi. Tornante che le viene ricordato invece da Barbara Berlusconi: “E’ giustizia a orologeria come con mio padre nel ‘94”. Tuttavia questa volta decide di andare dritta, convinta di poter ribaltare la narrazione a suo favore visto che sulla giustizia “gli italiani sono con me”. Così come sul “rischio di una deriva politica della magistratura”. Il clima di assedio aleggia nelle stanze del governo, anche perché, chi ama mettere in fila i fatti, ricorda quanto accaduto il giorno prima con la notizia dei servizi segreti che indagavano sul capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi. Una storia ancora tutta da chiarire che ha come protagonista anche la procura di Roma. Aleggiano fantasmi ovunque. Anche perché domani è atteso il responso della Corte d’appello sui 48 migranti portanti in Albania: una decisione contraria in questo clima sarebbe ulteriore benzina su un incendio già ora difficile da circoscrivere. La riunione serale termina alle 20. Si decide di far saltare le informative di Nordio e Piantedosi previste per oggi in quanto i ministri sono indagati. Nemmeno Meloni andrà in Aula. I protagonisti di questa vicenda si dicono ovviamente “tranquilli, convinti di aver agito negli interessi dello stato”. Meloni si sente in modalità Vietnam. La vicenda di Daniela Santanchè, attesa oggi dal bivio della Cassazione per capire dove andrà il fascicolo per truffa ai danni dell’Inps, passa totalmente in secondo piano. Anzi, per molti, questo scontro aiuta la permanenza della Pitonessa al governo. Ma questa è un’altra storia. Forse.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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