La sorpresa di un governo potenzialmente fascista diventato, sull’antifascismo, più efficace degli antifascisti

Memoria e presente. L’arco costituzionale della politica italiana tenuto insieme dalla lotta al fascismo del passato e quella contro l’antisemitismo del presente

Mai più, anche in quel senso. L’appassionante battaglia, più o meno credibile, combattuta negli ultimi anni per l’egemonia culturale del nostro paese merita di essere rimessa a fuoco alla luce di un aspetto interessante lasciato colpevolmente fuori dal dibattito costruito attorno a questo tema. Quando si ragiona di egemonia culturale, quando cioè si parla dei tentativi creativi con cui la destra cerca di appropriarsi di alcuni spazi storicamente presidiati dal mondo progressista, si ragiona su vari fronti e su vari ambiti, che possono andare dal mondo del cinema e della televisione a quello della letteratura, del teatro e dell’arte.

La competizione più o meno credibile su questi temi è reale, e persino su Antonio Gramsci negli ultimi tempi vi è stato un tentativo da parte della destra di appropriarsi di un’icona dell’universo progressista, ma nessuno avrebbe mai immaginato di arrivare a un passaggio come quello di oggi, un passaggio sorprendente ma incredibilmente reale, all’interno del quale a essere entrato al centro di una competizione tra centrodestra e centrosinistra vi è un tabù clamoroso, un totem intoccabile, un santuario inviolabile, come quello dell’antifascismo. L’antifascismo, in questa legislatura, è stato per il mondo progressista una via di fuga importante, utile a fuggire dal confronto del presente e a combattere contro un avversario spesso immaginario, raffigurato attraverso la proiezione più delle proprie ossessioni che dallo studio della realtà. Il presente, però, ci dice che da tempo la difesa dell’antifascismo è diventata incredibilmente contendibile. E nonostante alcuni busti del duce custoditi nelle camere da pranzo di alcuni pezzi importanti della classe dirigente della destra, lo studio del presente non può che portare a ragionare attorno a una verità indicibile ma divenuta inesorabilmente oggettiva: l’antifascismo più efficace in Italia oggi non è quello portato avanti dagli antifascisti di professione ma è quello portato avanti dai loro nemici.

Ieri, in questo senso, l’ultimo tassello è stato inserito nel mosaico suggestivo dell’antifascismo dei presunti fascisti e quel tassello lo si è messo a fuoco nell’istante in cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha spiegato cosa significa, per lei, il 27 gennaio, il Giorno della memoria. “Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz sono stati abbattuti, e insieme a essi è crollato anche quel muro che impediva di vedere chiaramente l’abominio del piano nazista di persecuzione e di sterminio del popolo ebraico. Un piano, quello condotto dal regime hitleriano, che in Italia trovò anche la complicità di quello fascista, attraverso l’infamia delle leggi razziali e il coinvolgimento nei rastrellamenti e nelle deportazioni”. E poi ancora: “L’antisemitismo non è stato sconfitto con l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz. E’ una piaga che è sopravvissuta alla Shoah, ha assunto declinazioni diverse e si propaga attraverso strumenti e canali nuovi”. La lotta contro il fascismo dei tempi passati e la lotta contro l’antisemitismo del tempo presente uniscono tutto o quasi l’arco costituzionale della politica italiana. Ma il dato interessante è che all’antifascismo del passato la premier ne aggiunge ormai da tempo due molto attuali che riguardano forme di antifascismo che risultano più ostiche da declinare per gli antifascisti di professione: la difesa di Israele e la difesa dell’Ucraina contro i fascismi modello Hamas e modello Putin. E’ giusto dunque chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza la sua distanza dal fascismo del passato. Ma una volta fatti i conti con la storia, per dare un senso a quel “mai più”, potrebbe essere arrivato il momento di chiedere senza reticenza agli antifascisti di professione che distanza hanno da coloro che combattono oggi i veri fascisti nel mondo. La svolta di Fiuggi contemporanea è in fondo tutta qui: avere un governo potenzialmente fascista diventato un baluardo dell’antifascismo. E’ l’egemonia culturale, bellezza.

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  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

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