Nel Giorno della memoria, oggi più che mai, la grande sfida è continuare a educare sugli orrori della Shoah ricordando che la sua rimozione porta a chiudere gli occhi sul presente, a scambiare le vittime per i carnefici. Hamas è il nemico, mai più 7 ottobre
Ricordate quella bandiera appesa su una finestra milanese esattamente un anno fa? La Giornata della memoria, lo sapete, è una ricorrenza internazionale che ogni anno si celebra il 27 gennaio per commemorare, ricordare e non dimenticare le vittime dell’Olocausto. In tempi ordinari, utilizzare la Giornata della memoria per parlare d’altro, per parlare del presente, costituisce un errore, perché non c’è nulla di più pericoloso, per custodire la memoria, che concentrarsi su ciò che abbiamo di fronte a noi, mettendo da parte il focus importante, ovvero l’orrore di ciò che è stato. I tempi ordinari, però, non sono quelli che viviamo in questa fase storica, una fase drammaticamente straordinaria, e dal 7 ottobre del 2023 al “mai più” del passato è stato per forza di cose aggiunto un “mai più” del presente. E a quel “mai più” deve essere necessariamente aggiunto un “mai più” ulteriore che è quello che riguarda un fatto storico che collega il passato con il presente. E la questione è semplice e disarmante: che cosa vuol dire chiedere con tutta la forza possibile “mai più” 7 ottobre?
Dire “mai più” 7 ottobre significa non fare confusione tra aggredito e aggressore, per esempio. Significa non fare confusione tra democrazie e terrorismi. Significa non fare confusione tra paesi che difendono la vita dei propri cittadini e terroristi che usano la vita dei propri cittadini per difendere sé stessi. Significa capire che l’intifada regionale è diventata un’intifada globale. Significa capire che essere ebreo è diventato in tutto il mondo un peccato mortale. Significa capire che i pogrom contro gli ebrei in giro per l’Europa sono stati derubricati a scontri fra tifosi. Significa capire che gli ebrei che vivono nei paesi democratici sono diventati in modo disinvolto dei bersagli pubblici dei fanatici. Significa capire che i terroristi desiderosi di distruggere lo stato di Israele cancellandolo dalla mappa geografica sono stati trasformati in questi mesi dall’opinione pubblica internazionale, e da molte università in giro per il mondo non a caso celebrate dagli ayatollah iraniani che il terrorismo lo finanziano, in eroi della resistenza da celebrare per combattere il famigerato fascismo israeliano. Significa capire, infine, che l’unico modo per regalare pace, prosperità e un futuro non dominato dal terrorismo è mettere al centro dell’attenzione della comunità internazionale una necessità che al momento sembra essere lontano dall’internazionale umanitarista: sradicare Hamas, limitare il potere dell’Iran, spegnere le centrali del terrore che infiammano il mondo.
I massacri di Hamas compiuti il 7 ottobre, massacri compiuti da un’organizzazione terroristica i cui obiettivi genocidi erano sotto gli occhi di tutto il mondo da ben prima del 7 ottobre, sono stati come un promemoria della profondità del male che è stato inflitto agli ebrei d’Europa ogni singolo giorno dal 1939 al 1945 e i fatti del 7 ottobre non sono paragonabili all’Olocausto ma sono una finestra su una barbarie nata seguendo la stessa linea del terrore: colpire gli ebrei in quanto ebrei. La minaccia di ieri è la minaccia di oggi, su una scala diversa naturalmente, e non può stupire il fatto che, come è emerso pochi giorni fa da un sondaggio della Claims Conference pubblicato in vista dell’ottantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, circa il 76 per cento degli ebrei negli Stati Uniti ha affermato di pensare che potrebbe verificarsi un altro Olocausto, così come circa il 69 per cento degli ebrei del Regno Unito, il 63 per cento degli ebrei della Francia, il 62 per cento degli ebrei dell’Austria, il 61 per cento degli ebrei della Germania, il 54 per cento degli ebrei della Polonia, il 54 per cento degli ebrei dell’Ungheria.
Le ragioni sono duplici e sono evidenti.
Da un lato vi è una drammatica perdita della memoria degli orrori compiuti fino a ottant’anni fa. Dall’altro lato vi è una drammatica perdita di coscienza del fatto che il motore di quegli orrori compiuti fino a ottant’anni fa è tornato a essere presente nella nostra contemporaneità.
In tempi ordinari, mischiare la difesa di Israele con la memoria dell’Olocausto potrebbe essere una forzatura. Ma il fatto che in giro per il mondo vi sia un disinteresse di fondo rispetto a tutto quello che è successo negli ultimi sedici mesi, l’esplosione globale dell’antisemitismo, la trasformazione degli ebrei da vittime a carnefici, l’offuscamento della memoria, la riscrittura della storia ci ricorda perché nel Giorno della memoria, oggi più che mai, la grande sfida da affrontare è continuare a educare sugli orrori della Shoah ricordando che la rimozione della Shoah porta a chiudere gli occhi sul presente, a confondere gli aggrediti con gli aggressori, a scambiare le vittime per i carnefici e a considerare i terroristi come dei partigiani della libertà. Nel corso della guerra combattuta negli ultimi mesi, c’era un modo veloce e drammaticamente efficace per far sì che la guerra in medio oriente potesse finire e quel modo era non essere smemorati, rispetto alle lezioni del passato, e chiedere a Hamas di arrendersi. La comunità internazionale ha scelto di seguire un’altra strada, ha fatto pressioni per chiedere a Israele di arrendersi, ma arrivati al punto in cui siamo arrivati il tema ritorna, in modo ancora più rotondo: per far sì che la guerra in medio oriente non riprenda più, e sradicare le fonti del terrore che alimentano l’antisemitismo in giro per il mondo, un modo c’è e quel modo è fare di tutto per combattere Hamas con tutte le forze a disposizione, cercando di riservare ai fascismi del presente le stesse attenzioni dedicate al famoso braccio teso di Elon Musk. Free Gaza from Hamas, come recitava quell’eroico manifesto appeso a Milano il 27 gennaio di un anno fa. Buon giorno della memoria a tutti.