La tensione Cisl-Confindustria sul ddl Partecipazione imbarazza Fratelli d’Italia

La commissione Lavoro approva la legge sulla partecipazione al lavoro proposta dal sindacato dopo il no dell’organizzazione rappresentativa perchè “questa legge non fa crescere l’impresa, anzi: rischia di allontanare gli investitori esteri”

Che Confindustria non fosse favorevole alla legge sulla partecipazione, voluta dalla Cisl e fatta propria dal Parlamento, si sapeva; ma fin qui il board di Viale dell’Astronomia non si era ancora pronunciato ufficialmente. Ha rotto il silenzio il vicepresidente Maurizio Marchesini, bocciando l’iniziativa con asprezza inconsueta. “Non ho mai riscontrato in Confindustria una negatività così alta come quella che c’è su questa legge” ha detto il vice di Emanuele Orsini. E ha aggiunto: “Volendo fare un paragone, nemmeno di fronte alla sciagurata idea di imporre rappresentanti del Mef nelle società c’è stata una contrarietà così decisa”.



Interessante è il contesto nel quale Marchesini ha parlato, cioè il grande convegno organizzato martedì 22 alla Camera da Forza Italia, con la presenza dei vertici del partito, con il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani che della legge è primo sponsor politico, e con ospite d’onore il segretario della Cisl Luigi Sbarra, padre della proposta sulla partecipazione. Sotto il titolo “Partecipazione dei lavoratori all’impresa: un traguardo vicino”, l’appuntamento è nato per celebrare un successo storico: grazie agli sforzi della Cisl, uniti a quelli di Forza Italia, si attua finalmente l’articolo 46 della Costituzione. Una lunga battaglia, ha ricordato Sbarra, oggi vinta: “Siamo all’ultimo miglio, anche grazie a Forza Italia e a Tajani, che sulla nostra legge ci ha messo la faccia e si è speso perché fosse supportata da un fondo presso il Mef da 72 milioni di euro. Non è stato semplice ottenerli con questa manovra”. Stesso mood negli altri interventi del dibattito, compreso quello, immaginifico, del presidente del Cnel Renato Brunetta, che ha citato Moby Dick e il meccanismo delle retribuzioni a bordo del Pequod come primo e luminoso esempio di partecipazione dei lavoratori agli utili aziendali.



Ma poi ha parlato Marchesini e ha, diciamo, un po’ rovinato la festa. Perché se fin qui l’unica critica alla partecipazione per legge era arrivata da Maurizio Landini, facilmente archiviabile come “opposizione ideologica”, il niet di Confindustria chiama in causa, invece, la libertà delle imprese. “Non è vero che la partecipazione prevista da questa legge sia volontaria” ha scandito Marchesini, “perché se tutto nasce da un contratto, e quindi da un conflitto, non c’è una reale libera scelta dell’impresa. Questo per noi è inaccettabile”. E ancora: “Questa legge non fa crescere l’impresa, anzi: rischia di allontanare gli investitori esteri, che certo non vorrebbero i sindacati nei loro Cda”.



Imbarazzo in platea, e la parola torna a Sbarra: “La legge non obbliga nessuno, abbiamo già fatto accordi di partecipazione con molte aziende” ribadisce il leader Cisl, sottolineando come sia colpa della “sinistra ideologica” se non si è mai attuato l’articolo 46 della Costituzione. Lo stesso Landini, con le sue “critiche ridicole”, “forse non ha letto il testo: tutto è volontario e affidato alla contrattazione. Dalle imprese – conclude Sbarra – mi sarei invece aspettato un ringraziamento”. Controreplica di Marchesini: “Io la legge l’ho letta, e non sono di sinistra. Ma vi dico che non va. Se le singole aziende vogliono fare la partecipazione, benissimo: ma deve essere una libera scelta e non frutto della contrattazione con i sindacati”. Le critiche di Confindustria non coinvolgono solo la Cisl, ma anche la politica economica della maggioranza. Tanto che Tajani si affretta a prendere la parola per rassicurare: “Non vogliamo imporre nulla, il nostro obiettivo è il bene delle imprese. Questo è lo spirito con cui stiamo sostenendo la proposta di legge in Parlamento: favorire il dialogo tra il lavoratore e l’impresa. E’ positivo il confronto tra idee differenti, purché l’obiettivo sia la crescita del paese”.



Intanto, dalla commissione Lavoro di Montecitorio piomba sul convegno anche la notizia che il Pd, fino a quel momentoi d’accordo con il ddl Partecipazione, ha deciso di non votarlo: “Del progetto originale non è rimasto nulla – annuncia la responsabile Lavoro Maria Cecilia Guerra – credo che nemmeno la Cisl ci si possa più riconoscere”. Delusione e protesta di Sbarra, che auspicava una approvazione bipartisan (e che forse ora sospetta lo zampino della Cgil, o magari di Confindustria) e replica di Guerra: “Siamo stati sempre corretti con Sbarra, lo sia anche lui”. In ogni caso, la commissione ha infine approvato: il 27 il Ddl sarà in Aula e si vedrà.

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