L’attesa per la verità: Sigal vuole sapere come è stata uccisa sua figlia Gaya al Supernova festival, dove era andata con l’amica più stretta, Romi Gonen. Domenica scorsa Romi è stata liberata e porta con sé i dettagli di quel giorno di vita e di morte. Le prossime a tornare a casa sono quattro soldatesse prese in ostaggio a Nahal Oz
Liri Albag, Daniella Gilboa, Karina Ariev e Naama Levy, quattro soldatesse prese in ostaggio nella base di Nahal Oz, saranno i prossimi quattro ostaggi che verranno liberati domani dalla Striscia di Gaza, nonostante, secondo l’accordo, Hamas avrebbe dovuto far tornare prima i civili. Israele le attenderà consapevole che i terroristi imporranno ancora una volta le immagini di festa, vittoria, umiliazione nei confronti di chi è sopravvissuto a quindici mesi di prigionia. Chi torna in Israele porta con sé non soltanto le storie della propria sopravvivenza, ma anche di quella degli altri rapiti o della loro morte: sono i testimoni dei dettagli che mancano degli ultimi istanti di vita anche di chi è morto il 7 ottobre. Gaya Halifa è stata uccisa al Supernova Festival, dove era andata con l’amica più stretta, Romi Gonen, liberata domenica scorsa con una mano che ormai non potrà più usare: “Hanno sparato alla mano di Romi mentre cercava di capire se Gaya respirava ancora”, racconta sua madre, Sigal, che cerca di ricostruire ogni singolo frammento degli ultimi istanti di vita di Gaya. “Avevano fatto il loro viaggio con lo zaino in spalla in Sud America insieme, facevano tutto insieme. Il 7 ottobre sono partite per andare al Supernova da casa nostra. Sembrava così normale quel pomeriggio”.
Sigal questa settimana ha rincontrato Romi, c’è stato il tempo di un abbraccio, non per le domande che vorrebbe porle su Gaya: “Appena è iniziato l’attacco ha chiamato suo padre, Avi. Gli ha chiesto di andare a prenderla ad Ashdod. Lui aveva risposto ‘certo’, siamo partiti insieme. Gaya era calma, aveva chiesto se stesse arrivando la polizia. Il suo amico Ben Shimoni aveva fatto avanti e indietro per salvare più persone possibili a bordo della sua macchina, la quarta volta era tornato indietro per Gaya e Romi, nonostante le ragazze gli avessero detto che era troppo pericoloso. Mentre fuggivano si sono ritrovati i terroristi dietro una curva”. Gaya ha richiamato il padre per dire che i terroristi erano per strada. La 232, l’unica strada percorribile per allontanarsi dal Festival si è trasformata in una trappola mortale: i terroristi di Hamas si nascondevano dietro le curve, poi iniziavano a sparare alle macchine. Ben Shimoni non poteva più tornare indietro, era al posto di guida, con Gaya vicino, si è schiantato contro un’altra auto. Romi è stata ferita, trascinata fuori dalla macchina mentre attorno a lei i miliziani discutevano se prenderla in ostaggio o ucciderla. “So che Gaya e i suoi amici si sono nascosti nella radura quando è iniziato l’attacco, so che nonostante all’inizio pensasse fosse qualcosa di passeggero, poi ha avuto paura, ma non so tutto”. Gaya era al telefono con suo padre quando è morta, il suo respiro si è fermato tra le grida attorno. Sigal cerca altri dettagli: “Voglio sapere di cosa stava parlando, se credeva di potersi salvare. So che non posso rivolgere ora queste domande a Romi, ma spero che un giorno si sentirà pronta per raccontare”. Sigal vuole rivedere Gaya attraverso gli occhi di Romi.
Shye Klein Weinstein è un fotografo sopravvissuto all’attacco. Era anche lui al Supernova, ballava, scattava foto, festeggiava. Qualche settimana dopo l’attacco, si è reso conto che le immagini che aveva nella sua macchina fotografica erano quelle degli ultimi sorrisi, alcuni allegri, altri storditi dall’alcol e da qualche sostanza. Sorrisi ignari, immobili: l’ultimo racconto della festa.