Le azienda con caratteristiche sostenibili dal punto di vista energetico migliorano l’ambiente di lavoro ed evitano scandali e controversie, proteggendo così la loro reputazione e il valore a lungo termine. Alle Esg si aggiunge l’H di health, human e happiness: nessun mistero, si parla di innovazione
Questo libro, Ritrovare l’umano, perché non c’è sostenibilità senza Health, Human e Happiness, di Massimo Lapucci e Stefano Lucchini (Baldini + Castoldi), ha un inizio suggestivo: “Nel 1930, la cittadina di Envis, in Belgio, fu invasa da una fitta nebbia che in poche ore causò evidenti malesseri nella popolazione. Tosse e vomito, ma anche cecità e morte, che fecero pensare ad attacchi chimici, se non addirittura a una punizione divina. Alla fine le vittime furono 67 e il fenomeno, studiato approfonditamente dagli scienziati e dalle istituzioni, fu ascritto a una combinazione chimica letale”.
La nebbia, o meglio le nebbie sono quelle che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e fino all’altro ieri si manifestarono in molte città europee e americane, quelle industrializzate, dove la campagna aveva ceduto il posto a corpi di fabbrica. Le nebbie portarono malattie varie, spesso molto serie, e tante morti. Dalle nebbie vennero fuori riflessioni sul mondo perduto, tanto è vero che in arte i paesaggi divennero fonte di romantiche, nonché, a volte potenti ispirazioni. Tuttavia, lentamente dalla nebbia cominciò a venir fuori una nuova sensibilità: quella ambientale. Noi sappiamo che in certi salotti già pronunciare l’espressione sensibilità ambientale è fonte di ironia.
A destra la sensibilità ambientale è vista come un laccio che imbriglia la locomotiva del progresso; a sinistra, sì certo, si è più sensibili, ma quelli più critici avvertono che non c’è modo per risolvere la questione se non radicalizzando la questione: o si fa la rivoluzione o si decresce oppure non si ottiene niente. Insomma, già il semplice appello alla salubrità ambientale fa discutere, pensate se – come i due autori si propongono coraggiosamente di fare – si deve affrontare il tema delle Esg, ovvero dell’acronimo che unisce la E di ambiente (environment) con la S di social e la G di governance. Anche qui, l’ironia si spreca, si tratta – suggeriscono i critici – di metodologie comunicative per posizionarsi, termine di primaria importanza, come dire, basta l’acronimo (Esg) e l’azienda in questione si nobilita, poi poco conta che davvero mantenga le promesse, quelle evidenziate con grafica gradevole sui siti aziendali. I due autori invece ci tengono a spiegare perché l’attenzione all’ambiente porta con sé, inevitabilmente e fortunatamente, anche pratiche inclusive.
Tutto questo si traduce in una migliore governance. Dunque, aziende con queste caratteristiche sono sostenibili dal punto di vista energetico, migliorano l’ambiente di lavoro e governano meglio, evitando scandali e controversie, proteggendo così la loro reputazione e, quindi, il valore a lungo termine. Queste aziende con le loro pratiche fondano un nuovo umanesimo, basato sulla salute circolare. La salute circolare è il migliore viatico verso la felicità: difatti, a questo proposito Massimo Lapucci e Stefano Lucchini introducono una lettera la H che sta per uno e trino, health, human e happiness.
Tutto sta a dar senso alle suddette pratiche, e qui i due autori si impegnano molto non solo a riassumere la storia di questi concetti, sia a fornire degli esempi seri e validi. Insomma, mettono in evidenza un buon campione statistico di riferimento. Visto che il cambiamento climatico interesserà (con scenari non sempre prevedibili, ma comunque preoccupanti) tutti noi, forse – ci spiegano in maniera convincente gli autori – è giunto il momento di riflettere sulle pratiche Esg. Non è una riflessione facile, c’è da tener conto che a volte un ambiente di lavoro ben costruito e dove le Esg sono sostenute può essere rovinato da un management incapace, avido, egoista, che premia i fedeli alla linea e mortifica gli eretici. O magari al contrario, un ambiente che sembra tossico viene gestito con buon senso e procura piacere e salute ai dipendenti. C’è dunque da valutare con strumenti quantitativi e qualitativi le pratiche, cose non facile. Ma se il Ventesimo secolo è stato remarkable (come sostiene il premio Nobel Fogel), lo dobbiamo all’innovazione a non alla tradizione. Quindi, le Esg più H vanno sostenute e testate: potrebbero essere le innovazioni utili a migliorare il Ventunesimo secolo.