A Bruxelles scoppia il caso delle lobby green pagate dalla Commissione Ue

L’organismo guidato da von der Leyen avrebbe deciso di usare fondi europei del programma Life, oltre 5 miliardi di euro, per finanziare una rete di Ong con lo scopo di promuovere l’agenda green dell’ex commissario Frans Timmermans. Parla Dirk Gotink, l’eurodeputato olandese del Ppe

Bruxelles. “La questione è semplice: il legislatore, ovvero Timmermans, si è messo a fare anche il lobbista per la sua legge, ovvero il Green Deal, e questo non va bene”. Così l’eurodeputato olandese popolare Dirk Gotink riassume al Foglio lo scandalo che a Bruxelles hanno già ribattezzato “green-gate”, ovvero le rivelazioni legate alla scelta della Commissione europea di usare fondi Ue del programma Life, una scatola da oltre 5 miliardi di euro, per finanziare una rete di Ong con lo scopo di promuovere l’agenda green dell’ex commissario Frans Timmermans. “I nostri sospetti sono iniziati durante i dibattiti sulla legge sul ripristino della natura, quando abbiamo scoperto che la Commissione stava alimentando e coordinando una lobby, composta da associazioni e federazioni imprenditoriali, dando anche linee guida e messaggi molto specifici per approcciare governi e parlamentari europei”, spiega Gotink, che allora ricopriva la posizione di portavoce del capogruppo dei popolari Manfred Weber che proprio sulla Nature Restoration Law, registrò l’unica vera sconfitta in aula dei popolari nella scorsa legislatura. Una brutta notte per Weber e Gotink, che evidentemente non hanno dimenticato. “In quel momento abbiamo iniziato a porci una semplice domanda: ma perché gran parte dell’ambiente di lobbying a Bruxelles è finanziato anche dalla Commissione stessa? E’ giusto che sia così? Per questo motivo siamo andati a cercare i dettagli di quegli accordi. Dettagli che ora abbiamo in forma riservata, ma posso dire che sono accordi concentrati per lo scopo di influenzare il Parlamento nelle sue attività legislative”, spiega l’eurodeputato che siede all’Eurocamera nella Commissione Bilancio, ora impegnata a esaminare il caso.

“In pratica, sono stati usati fondi dei contribuenti per sostenere quella che io chiamo una specie di lobby ombra della Commissione europea, con lo scopo di sostenere le proposte che la Commissione stava presentando”, spiega l’olandese, sottolineando come questo “sia un problema molto, molto grande per la separazione dei poteri a Bruxelles”. Un flusso non solo di fondi, ma anche di informazioni. “I funzionari della Commissione coordinavano in tempo reale con queste lobby le linee di comunicazione da adottare nelle campagne, e le Ong poi svolgevano il loro lavoro”, aggiunge l’eurodeputato, che sottolinea come “la Commissione abbia, ovviamente, un accesso esclusivo alle informazioni sui negoziati in corso” e come ci sia il rischio che così “vengano usati dettagli sensibili per aumentare la capacità di fare pressione”. Un sistema, tuttavia, che apparentemente non viola le regole Ue, come ha sottolineato lo stesso commissario al Bilancio, Piotr Serafin, ieri in aula a Strasburgo. “I finanziamenti del programma Life sostengono entità no profit che supportano l’attuazione delle politiche dell’Unione e sono in linea con il regolamento alla base del programma Life”, salvo poi ammettere che “è stato inopportuno per alcuni servizi della Commissione sottoscrivere degli accordi che obbligano le Ong a fare lobby con i membri del Parlamento europeo”.

“Ritengo che si tratti di un problema molto grave per l’integrità della procedura legislativa e penso che tutto questo debba semplicemente finire – conclude Gotink – oggi abbiamo esaminato il fondo Life, che è principalmente incentrato sull’ambiente, ma vorrei sapere se cose simili sono avvenute anche su dossier come le migrazioni, la sanità o il commercio internazionale”.

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