Sul gas l’Europa può liberarsi da Putin e trovare un accordo con Trump

Nel 2025 l’Europa dovrà sostituire le forniture dall Russia dopo la chiusura del gasdotto ucraino. Importare Gnl dagli Stati Uniti è una necessità, ma anche un’occasione per evitare i dazi trumpiani

Il 2025 sarà un altro anno di transizione per il mercato del gas, probabilmente l’ultimo, in cui proseguiranno gli strascichi dei problemi geopolitici con la Russia e le tensioni sui prezzi. Il principale fattore è, ovviamente, la chiusura dal 1° gennaio del gasdotto che attraversa l’Ucraina: vuol dire 15 miliardi di metri cubi (bcm) in meno in Europa. O meglio, 15 bcm che spariscono dal mercato, che la Russia non potrà vendere a nessuno.

Per l’Europa questo comporterà, secondo l’ultimo “Gas market report” pubblicato dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), una pressione sui prezzi dovuta anche ad altri fattori come un inverno rigido (più consumi) e poco ventoso (meno energia eolica). L’aumento della domanda invernale e la chiusura del gasdotto ucraino non pongono all’Europa rischi di scarsità, come quando Mosca nel 2022 aveva chiuso le forniture che fluivano dalle altre due grosse arterie, Yamal-Europa attraverso la Polonia e il Nord Stream attraverso il Baltico.

Le esportazioni di gas dalla Russia all’Europa sono passate dal picco di 179 bcm nel 2019 a 142 bcm nel 2021, prima dell’improvviso crollo dopo l’invasione dell’Ucraina a 31 bcm nel 2024. L’Europa è riuscita a gestire, con grande difficoltà, la dipendenza e la minaccia di Vladimir Putin sostituendo circa 150 bcm di gas russo da pipeline: non avrà grossi problemi a trovare un’alternativa a 15 bcm che verranno a mancare quest’anno. La conseguenza negativa sarà una pressione sui prezzi, già visibile da qualche mese, che durerà nella prima metà dell’anno e probabilmente anche nel terzo trimestre per il riempimento degli stoccaggi dopo questo inverno particolarmente rigido.

L’Europa nel 2025 dovrà incrementare le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl), che attualmente rappresentano circa un terzo dell’offerta europea di gas. Non dovrebbe essere un grosso problema reperirlo sul mercato. In primo luogo perché nel 2024, secondo i dati Iea, sono diminuite notevolmente le importazioni di Gnl sia dagli Stati Uniti (-14 bcm) sia dal Qatar (-6 bcm), mentre paradossalmente sono aumentate quelle dalla Russia (+3 bcm). In secondo luogo perché nel 2025 l’offerta globale di Gnl aumenterà di circa 25 bcm, dato che diventeranno operativi diversi impianti nel Nord America (soprattutto Stati Uniti, ma anche Canada e Messico).

Per la Russia, invece, lo scenario è più complicato. Perché è vero che ha già visto crollare la produzione negli ultimi anni e perdere circa 150 bcm di export verso il mercato più appetibile del mondo, ma nonostante questo l’Europa è ancora il principale mercato di sbocco del gas russo. Nel 2024 l’export russo di gas via pipeline in Europa è stato all’incirca pari a quello in Cina: 30 bcm. La chiusura del gasdotto ucraino vuol dire dimezzare ulteriormente (-15 bcm) le esportazioni in Europa, che solo in parte saranno compensate da un incremento dei volumi verso Pechino (+7 bcm).

Nel 2025 Gazprom dovrebbe esportare 38 bcm in Cina, 25 bcm in Turchia e 15 bcm in Europa attraverso il TurkStream: la somma dei tre principali mercati sarà meno della metà di quanto Gazprom esportava verso la sola Europa nel 2019. Per giunta, per la Russia non è previsto un incremento di produzione di Gnl, che consentirebbe di soddisfare la domanda di gas dell’Asia che è in forte aumento. Anzi, le sanzioni tecnologiche dell’Unione europea e degli Stati Uniti si concentrano proprio sui progetti di Gnl e dovrebbero ritardarne lo sviluppo.

Nell’immediato Mosca non subirà un grosso danno economico, perché la perdita dei volumi della rotta ucraina attualmente pari a circa 5 miliardi di euro annui sarà in parte compensata dall’aumento dei prezzi. Ma si tratta della fine perpetua di un mercato, il cui costo sarà più visibile man mano che i prezzi si stabilizzeranno e, soprattutto, se l’Unione europea riuscirà a tenere fede all’impegno di rinunciare totalmente al gas russo entro il 2027.

Questo scenario è anche una buona carta in mano all’Europa nel rapporto con gli Stati Uniti. L’Amministrazione Trump, infatti, minaccia l’introduzione dei dazi per ridurre il deficit commerciale con l’Europa. Dopo l’inaugurazione, Donald Trump ha ribadito chiaramente con i suoi modi la sua strategia con l’Unione europea: “L’unica cosa che possono fare rapidamente è acquistare il nostro petrolio e gas”, ha detto, altrimenti “risolveremo la questione con i dazi”. Siccome l’aumento dell’import di Gnl dagli Stati Uniti è una necessità più che una scelta, se questo servirà anche a evitare i dazi di Trump, per l’Europa sarà una doppia buona notizia.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali

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