La recensione del libro di Giulia Cavaliere edito da Electa, 96 pp., 12 euro
Francesca Alinovi è stata una critica d’arte e docente del Dams di Bologna. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta ha scritto tantissimo, ottenendo un buon riconoscimento fin da molto giovane. Ha curato mostre e inaugurato spazi nuovi, mettendo il corpo nella critica, con la sua chioma curata da Oreamalià. In Italia ha portato le tendenze statunitensi, dove l’arte si mischiava con ciò che arte non era ancora. Vede i primi lavori di Keith Haring nella metropolitana newyorchese, lo intervista in quella che l’artista chiamerà la migliore intervista della sua carriera.
Eppure per quasi quarant’anni è stata dimenticata, nessuno nel mondo accademico e in quello dell’arte si è occupato del suo lavoro, in parte per l’esclusione dal canone che spesso tocca alle donne, in parte per le circostanze della sua morte, che hanno fagocitato le sue opere.
Non era facile restituire l’opera, la rilevanza storica di Alinovi, data la sua multidisciplinarità; osservare un’osservatrice, raccontarla, ma Giulia Cavaliere ci riesce benissimo. In “Quello che piace a me. Francesca Alinovi” (Electa), ci si appassiona al personaggio grazie alla voce di Cavaliere, che può contare su una conoscenza trasversale delle forme espressive e di quel periodo, tra arte, musica, design, moda. Particolarmente riuscito è il racconto dell’anno 1977, che prepara la scena per addentrarsi nella vita di Alinovi.
Il libro di Giulia Cavaliere è parte della collana Oilà, curata da Chiara Alessi, che seleziona biografie di donne che hanno lavorato nel design, nell’arte, nella moda (Schiaparelli, Rosa Genoni), nella letteratura (Goliarda Sapienza, Lisetta Carmi), fotografia e politica. Sono volumi di piccolo formato, pensati per una lettura in quarantacinque minuti ciascuno, e il progetto grafico rende l’intera opera (finora sono usciti sedici volumi) particolarmente collezionabile. I miei preferiti sono i volumi su Anna Castelli Ferrieri, scritto dalla stessa Chiara Alessi; Lara Lamm, di Olimpia Zagnoli, Niki de Saint Phalle, di Lorenza Pieri. Ma è proprio nel suo insieme che la collana fornisce risposte ad alcuni interrogativi fra i quali: cosa succede al lavoro delle donne, quando il loro nome è oscurato dall’essere figlie, mogli, e sorelle o, come nel caso di Alinovi, dalle stesse circostanze della propria morte? Le opere, sembra suggerire Chiara Alessi con questo grande lavoro, le opere restano e sono la risposta. Finché ci sono le opere, ci sarà qualcuno che le riscoprirà, le riporterà alla luce, anche molto dopo la morte delle autrici, anche dopo molti anni in cui i loro nomi sembravano dimenticati. E c’è un principio di giustizia in questo, un principio che ispira all’operosità; incoraggia, oltre che a lottare, a fare, fare, fare quello che ci piace.
Giulia Cavaliere
Quel che piace a me. Francesca Alinovi
Electa, 96 pp., 12 euro