L’autore americano, oggi accusato di violenze, ha raccontato rimorso, indifferenza e anaffettività in quel capolavoro che è “Sandman”. E ne “L’oceano in fondo al sentiero” ha offerto una chiave di lettura sulla sua infanzia tormentata
“Nel numero 6 di ‘Sandman’ la cameriera spiega molto chiaramente il problema delle storie: se le si fa andare troppo avanti, finiscono tutte male. Non c’è un ‘e vissero felici e contenti’”. Lo dice lo scrittore inglese Neil Gaiman, citando un albo della famosa serie a fumetti da lui creata. A quanto pare anche la sua storia, di autore-rockstar tra fumetto, letteratura, cinema e televisione, è andata troppo avanti, ora che otto donne lo hanno accusato di aggressione e violenza sessuale. Lo rivela una lunga inchiesta di Lila Shapiro per il magazine Vulture del New York Times. Fra le presunte vittime anche una baby sitter del figlio avuto dalla seconda moglie, la musicista statunitense Amanda Palmer. Non ne esce bene neanche lei, ormai ex moglie di Gaiman, bisessuale, che a volte gli presentava le ragazze, in certi casi sue amanti, tacitando le proteste di alcune.
Ci sono appassionati che adesso, sconvolti dalle rivelazioni sul loro idolo, fanno post nei quali, come in una sorta di rituale magico, bruciano le sue opere. C’è invece chi dice che bisognerebbe scindere l’autore dall’opera. Ancora non c’è un processo.
Ma qualunque sia la natura del lato oscuro di Gaiman, questo è presente da sempre nelle sue opere, a partire proprio dal protagonista di “Sandman”. Morfeo, detto anche Sogno (Dream) o Sandman (l’Uomo della Sabbia del folklore inglese, la butta negli occhi della gente per farla sognare), il signore del mondo dei sogni, è uno degli Eterni, sette “fratelli”, personificazioni antropomorfe di sentimenti, condizioni e passioni degli esseri senzienti. La serie debutta nel gennaio 1989 ed è destinata a cambiare profondamente il fumetto americano. Gaiman costruisce una complessa mitologia rendendo contemporanei gli esseri soprannaturali: dèi, ninfe, parche, vanno nei bar, usano le auto e i computer. Chiude nel 1996 non per scarse vendite, ma perché è terminata la storia che voleva narrare: Sandman è un autentico aristocratico, quasi indifferente ai rapporti personali (lascia che una sua amante finisca agli inferi perché gli ha disobbedito), anaffettivo, che però cambia nel corso della serie, si rende conto dei propri errori nell’arco dei millenni. Ma preferisce morire che tornare sui suoi passi. Certamente Sogno è un suo alter ego, o almeno di una parte di sé, quella più autoritaria. Anche Gaiman veste sempre di nero.
L’articolo di Lila Shapiro aggiunge una ulteriore chiave di lettura. Il padre di Gaiman, David, è stato per anni il numero uno di Scientology nel Regno Unito e ha educato i figli secondo i rigidi dettami dell’organizzazione religiosa fondata da L. Ron Hubbard. Lo stesso Gaiman a sette anni era stato intervistato dalla Bbc come testimonial dei benefici dell’educazione secondo i principi di Scientology.
Per molto tempo lo scrittore non ha mai voluto parlare della propria infanzia, lo ha fatto nel 2013, su spinta di Amanda Palmer, nel romanzo “L’oceano in fondo al sentiero” (in Italia da Mondadori). Infatti la dedica recita “Per Amanda, che ha voluto sapere”.
Nel romanzo – la storia migliore di Gaiman dell’ultimo decennio nel quale è stato più che mai impegnato con adattamenti per cinema e tv – uno scrittore torna sui luoghi della propria infanzia per il funerale del padre. E forse la governante malvagia che seduce l’uomo e alcune delle vicende terribili che accadono al bambino sono metafore di quello che gli è davvero successo da piccolo e che, probabilmente, ha formato l’uomo che, nel bene e nel male, è diventato. Tra le altre cose, anche un vero alfiere del politicamente corretto, oltre ad aver creato un rapporto strettissimo con i fan. Eppure già a inizio carriera, nel 1990, in un’intervista dichiarava: “Non bisognerebbe mai conoscere i propri idoli. Si resta sempre delusi”. “Tu non mi hai deluso, Neil”, aveva commentato il giornalista. “Ma è perché ti accontenti di poco”.