Il desiderio di un figlio che diventa diritto a ogni costo, senza curarsi del dolore degli altri o del buon senso. Quanto conta la pressione sociale e la follia di una coppia che si fomenta a vicenda. Aveva ragione Paul Valéry
C’è molto da dire su quante cose ci insegna l’angosciante storia della coppia calabro-senegalese che, a Cosenza, ha sequestrato una neonata. C’è il desiderio, in questo caso di un figlio, che diventa diritto a ogni costo, anche in barba alla legge, al rispetto degli altri e al buon senso. C’è l’agghiacciante scena della festa in casa, con un piccolo essere umano ridotto a mero pretesto. C’è la decisione di spacciare la bambina per maschio, inspiegabile a meno di presumere che la coppia prima avesse comprato dei vestitini a priori e poi abbia rapito un neonato a caso, senza nemmeno controllare il sesso. C’è l’errore di ortografia nella scelta del nome Ansel e la sinistra eco della favola dei bambini rapiti. C’è l’annuncio della pseudo-nascita diffuso con tutti i crismi sui social, in un profluvio di luoghi comuni da “il nostro miracolo è arrivato” a “buona vita piccolo Ansel”. C’è in generale la sensazione che il sequestro non sarebbe accaduto, senza la pressione sociale del doversi mostrarsi felici per forza, del rendersi protagonisti agli occhi del mondo, del trovare motivo di festeggiare sempre e comunque. Ma c’è soprattutto il fatto che questa coppia si è davvero vicendevolmente sostenuta e fomentata nella convinzione che fosse possibile simulare una gravidanza, annunciare l’attesa di un maschietto, rapire una femminuccia, diramare la notizia del lieto evento, dare una festa e farla franca: è la prova definitiva che aveva ragione Paul Valéry, quando diceva che l’amore è essere cretini insieme.