Il sentiero per il paradiso

La recensione del libro di Sam Wasson edito da Jimenez, 474 pp., 22 euro

Pochi registi nella storia recente del cinema americano hanno saputo incarnare con più credibilità di Francis Coppola il mito dell’artista in lotta contro il sistema per realizzare le proprie visioni. Allo stesso tempo però, proprio Coppola è stato anche uno degli uomini che, all’inizio degli anni Settanta, ha rianimato con l’enorme e inaspettato successo della saga del “Padrino” quel sistema degli studios allora sull’orlo del collasso.

In questa duplicità sta probabilmente il fascino del personaggio, molto amato e molto chiacchierato, autore di capolavori indiscussi (i primi due film del Padrino, “La conversazione”, “Apocalypse Now”), piccoli film da riscoprire (“Non torno a casa stasera”, “Giardini di pietra”, “I ragazzi della 56° strada”) e clamorosi insuccessi commerciali (“Un sogno lungo un giorno”, “Cotton Club”) che ne hanno minato la carriera e la solidità finanziaria.

Sam Wasson, giornalista e critico cinematografico, del quale era già uscito qualche anno fa, sempre per l’editore Jimenez, Il grande addio, dedicato a “Chinatown” di Roman Polanski, riesce anche stavolta a comporre qualcosa di più di una semplice biografia, bensì una sorta di arazzo su una generazione, un modo di fare e pensare il cinema verso il quale è forse inevitabile oggi nutrire un po’ di nostalgia.

Oltre a una lunga serie di interviste realizzate a Coppola e agli attori e collaboratori che con lui hanno lavorato nel corso della sua ormai cinquantennale carriera, Wasson ha potuto attingere all’enorme documentazione depositata negli archivi della sua società di produzione, la American Zoetrope. Il risultato è un libro che si legge con grande fluidità, apprendendo aneddoti, retroscena e notizie sul modo in cui Coppola pensa e realizza i suoi film. Dopo un breve prologo, nel quale troviamo il regista alle prese con il suo ultimo progetto, “Megalopolis”, il libro ci riporta indietro, alla metà degli anni Settanta, quando il regista sta tentando di realizzare “Apocalypse now”. In quel set incredibile succede praticamente di tutto, ma al termine dei tre anni di lavorazione il film riceve, nel ’79, la Palma d’oro al festival di Cannes, la seconda per Coppola dopo quella per “La conversazione”. Dopo il successo arrivano però anche le cadute, i tonfi clamorosi che lo portano per periodi più o meno lunghi ad abbandonare la macchina da presa, dedicandosi ad altre attività, come la produzione di vini nella sua tenuta di Napa, in California. Salvo tornare ogni volta sul set, come a una inevitabile scena madre, spinto da un irrefrenabile impulso a sognare e a immaginare.

Sam Wasson

Il sentiero per il paradiso


Jimenez, 474 pp., 22 euro

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