Non sappiamo più chi siamo, scrivono i giornalisti del Washington Post al loro editore

Dopo l’endorsment bloccato a Kamala Harris, il giornale di Jeff Bezos ha perso 250 mila abbonati. Poi un lungo esodo di firme importanti e premi Pulitzer, e chi è rimasto è preoccupato per il proprio futuro e per quello dell’informazione. Mentre il fondatore di Amazon si prepara all’insediamento dell’ormai ex nemico Donald Trump

Quando nel 2013 Jeff Bezos, fondatore di Amazon, comprò il Washington Post, il giornale se la passava male. Prendendone la guida, e continuando a perderci soldi (anche fino a 77 milioni di dollari l’anno), Bezos era apparso come il salvatore del quotidiano. Con la prima elezione di Donald J Trump il WaPo si posizionò come baluardo antipopulista, con uno slogan – “Democracy dies in darkness” – diretto all’ex star dei reality. Poi Bezos sembra essersi disinteressato sempre di più all’impresa editoriale, fino a usarla, a poche settimane dalle scorse presidenziali, come modo per evitare di infastidire Trump, sperando così che le altre sue aziende non venissero colpite dalla futura Amministrazione.

L’endorsement bloccato alla candidata democratica Kamala Harris, che ha portato 250 mila abbonati ad andarsene, è solo uno dei sintomi di frattura tra la direzione, affidata un anno fa all’inglese Sir William Lewis, già al Wall Street Journal di Rupert Murdoch, e la redazione. Ci sono stati numerosi licenziamenti per alleggerire i costi del quotidiano di Washington – l’ultimo a gennaio, con un taglio del 4 per cento – dall’altra gli addii volontari. Nell’ultimo anno varie firme importanti sono andate all’Atlantic, al New York Times, al Wsj – un esodo di premi Pulitzer, tanto che la direzione ha chiesto di smetterla con le mail interne di saluto, per evitare di abbassare il morale.

“Aperta la stagione della caccia”, ha titolato il New York magazine riferendosi alla campagna acquisti tra i fuggiaschi del WaPo. L’editorialista Jennifer Rubin a inizio gennaio ha fondato la startup di informazione The Contrarian, lo slogan? “Not owned by anybody”, cioè senza padroni, un chiaro messaggio a Bezos. La vignettista Ann Telnaes si è dimessa dopo che il suo cartoon – con Topolino e i broligarchi, tra cui Bezos, inchinati davanti alla statua di Trump – era stato bloccato dalla direzione. Martedì sera 400 dipendenti del quotidiano hanno scritto una lettera a Bezos, allarmati per come viene gestito il giornale, preoccupati per il proprio futuro e per quello dell’informazione. Nella lettera si parla di recenti scelte editoriali che “hanno portato i lettori a mettere in dubbio l’integrità dell’istituzione, rotta la tradizione di trasparenza, e portato alcuni distinti colleghi ad andarsene, con altre partenze imminenti”. Doveva restare interna ma è diventata pubblica mercoledì, condivisa dal sito Npr.

Le critiche vengono mosse soprattutto nei confronti di Lewis, e del suo secondo in comando, Matt Murray, anche lui ex del Journal murdocchiano. Murray doveva essere sostituito quest’anno, ma nessuno vuole il suo posto, o le condizioni non sono sufficienti per accettarlo, e così da interim sembra che resterà lì. L’esperto di media Dylan Byers si è chiesto su Puck se Lewis e Murray abbiano davvero una strategia, se le loro decisioni di riorganizzare la newsroom e di silenziare alcune voci vengano fatte per trasformare il giornale in qualcosa di diverso, se non altro di finanziariamente sano. Non più un competitor diretto del New York Times, ma qualcosa di nuovo, forse un tabloid, forse qualcosa che peschi nell’audience di TikTok. “La nostra richiesta”, dicono i dipendenti nella lettera, “ha a che fare col riottenere il nostro vantaggio competitivo, ricostruire la fiducia persa e ristabilire una relazione con la leadership del giornale basata su una comunicazione aperta. Abbiamo bisogno di una visione chiara in cui possiamo credere”.

Il mese scorso Bezos, ultimamente molto dedicato alle sue imprese spaziali (e a organizzare il suo secondo matrimonio, forse su uno yacht in Italia), aveva riaperto il dibattito su cosa intende fare con il Washington Post. A un evento del New York Times ha detto: “Il Washington Post deve tornate in carreggiata. Ho varie idee, e ci sto lavorando. Abbiamo salvato il Washington Post una volta, questa sarà la seconda”. I dipendenti hanno invitato Bezos ad andare a trovare i giornalisti negli uffici di Washington: ottimo tempismo, Bezos la prossima settimana si troverà in città, per partecipare in tribuna d’onore all’inaugurazione presidenziale dell’ex nemico Trump.

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