Don Sturzo non era solo un politico e un prete, ma anche critico musicale e compositore

La testimonianza del profondo legame tra la musica e don Luigi: le sue composizioni e la passione per Beethoven, Mozart, Bach, Bruckner e Verdi

Era sindaco di Caltagirone da cinque anni, don Luigi Sturzo, quando nel 1910 decise di fondare una scuola di musica municipale: tanti nuovi musicisti per il corpo musicale civico del paese che qualche anno prima, nel 1906, il da poco insediato prosindaco volle subito stabilizzare e ampliare nel suo organico. Per don Sturzo, dunque, la musica rappresentava un mezzo per la formazione dell’uomo e del cittadino. Ma la sua non fu solamente una passione (il direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni raccontò d’essere andato molte volte ad assistere ai concerti romani all’Augusteo proprio con don Sturzo) o un’attenzione civica in veste di amministratore comunale: il fondatore del Partito Popolare Italiano, infatti, fu anche un fecondo musicista, compositore e critico musicale. Un’attività quasi inedita che Nicolò Maccavino ha analizzato dettagliatamente (Luigi Sturzo e la musica, Libreria Musicale Italiana) andando anche a scovare gli scritti musicologici del sacerdote e le sue partiture.



Innanzitutto, c’è lo Sturzo musicista e ascoltatore. Assiduo frequentatore, come detto, dei concerti dell’Augusteo (ci andò per l’ultima volta nel 1923, poco prima dell’esilio, e si dice che quella sera presenziò anche Mussolini: don Sturzo fu l’unico a rimanere seduto durante l’esecuzione di “Giovinezza”), il sacerdote amava visceralmente Beethoven, il cui “Benedictus” utilizzava come preparazione alla celebrazione della messa, Mozart, Bach, la cui musica “mi trasporta da sé a un sublime religioso e sembra di sentire un canto di angeli: in quel momento neppure percepisco più la sala e la folla, ma rimango come in sogno di religiosità e di arte”, Bruckner, “la sua è musica propria, inconfondibile, non derivata da altri antichi o moderni, ed è musica profonda”, Verdi, al quale dedicò un importante saggio nel quale evidenziò “il suo drammatismo, quale nessun musicista l’ha avuto, insieme ad una vena melodica inesauribile e ad un continuo riadattare le sue creazioni alle esigenze armoniche e tecniche della musica moderna”.



Riguardo i contemporanei, eccetto l’amico Perosi, don Sturzo fu tendenzialmente diffidente. Diverso, però, fu il caso di Darius Milhaud al quale il sacerdote sottopose il testo della sua tetralogia, un “Ciclo della creazione” ispirato alla fede che volle scrivere in esplicita contrapposizione all’epica mitologico-pagana di Wagner. Il “Ciclo della creazione” venne ultimato da Milhaud nel 1935: “Mi ha fatto sentire al piano la primizia”, scrisse don Sturzo al fratello, “ci sono cose bellissime, altre mi sono rimaste oscure”. Infine, a testimoniare il profondo legame tra Sturzo e la musica, ci sono le sue composizioni, sempre fedeli e rispettose della riforma di Pio X del 1903 che mise al bando lo stile teatrale e della quale don Sturzo fu uno dei precursori sin da quando, nel 1895, venne nominato segretario della Commissione musica sacra della diocesi di Caltagirone assieme a colleghi musicisti “che da più di vent’anni sostenevano la tesi della riforma”.

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