Al Federale passa la linea del governatore, ricandidatura del Doge (anche in attesa di capire cosa deciderà a Consulta) e Salvini chiede il sostegno interno. Calderoli: “Il Veneto è la nostra fiamma”
Salvini prende coraggio: beve grappa Zaia. Passa la linea Doge maximus: ricandidatura di Luca Zaia in Veneto, battaglia politica contro FdI, Meloni, “mai mular”, e totale intesa con il Doge, quello vero, “perché caro Luca – dice Salvini al Federale della Lega – la questione che mi poni è corretta. Il tema sul quarto mandato ormai è politico. Chiediamo la tua ricandidatura. E… ”. Questa è la parte del Salvini paraculetto, ammaccatuccio che sparge balsamo sulle sue ferite ferroviarie: “Ovviamente per avere forza di fronte a Meloni voglio un partito unito al Congresso, niente sparate e lotta interna”. Il Congresso è previsto a marzo e Salvini si ricandida. Significa: io faccio il leone di San Zaia, difendo il Veneto, Luca, voi non mi sbranate. Pare che funzioni, una favola. E’ il patto della soppressa, premiata osteria Zaia.
Grande novità: contro il logorio del binario e della vita moderna (con Meloni) Salvini sorseggia grappa Zaia e dice: “I territori vanno sempre ascoltati, sinergia massima con Luca”. Ormai Salvini si tatua la Z di Zaia pure sull’avambraccio. Al Federale dedicato alla questione Veneto, il ferroviere ministro si presenta mogio, mogio (non gliene va dritta una in questo periodo) e lascia parlare Alberto Stefani, il vicesegretario della Lega, segretario della Liga, un tipo che sta facendo vedere di che erba è fatta la scopa veneta e che spiega: “Cari amici, nessun astio con FdI ma la Liga è un partito identitario e le comunali lo hanno dimostrato”. Zaia, da Venezia, detta la linea: “Io, caro Matteo, lo ricordo. Senza il Veneto non c’è Lega. Sono certo di poter vincere. Io chiedo la mia ricandidatura”. Si alza il tiro: non basta più la candidatura per un rappresentante della Lega, si rilancia ancora su Zaia, la quarta. Salvini, per una volta vorrebbe dargli i bacetti, e fa il saggio Salvini, tanto da precisare che lui si è fatto da parte, per il bene della comunità: “Finora ho lasciato parlare solo i veneti perché è una battaglia di territorio, è giusto che parliate voi, ma ci tengo a dirvi che dobbiamo fare attenzione. Non contrapponiamo nord-sud. Deve passare come la battaglia della buona amministrazione”. Fedriga, collegato, ascolta, Attilio Fontana, da Milano, tace, mentre si fanno sentire i vecchi leoni bianchi, Giorgetti e Calderoli, tornati giovani con i calzoni alla zuava. Il Calde è già sul Piave e se serve tira piatti di polenta. Dice il Calde: “Il Veneto è la nostra fiamma”. Anche il Giorgetti si fa un goccetto: “Il Veneto è questione di identità”. Si parla di natura veneta, carne matta, che non va fatta infuriare altrimenti, chi li tiene sti veneti?
Come ha scritto il Foglio il modello è la piccola Bassano dove FdI ha preteso la candidatura e ha perso. Zaia: “Mi permetto di ricordare il caso Bassano”. Salvini, che per tre ore non sente parlare di pantografi e ritardi, è così felice che traccia la strategia: “E’ giusto che i veneti facciano rumore e io dirò a Meloni, cara Giorgia, i veneti, non li controllo (cosa verissima). Avanti così”. Sorrisi, spirito da spogliatoio. L’arciduca Fedriga consiglia di tenere conto anche della decisione della Consulta. Il governo ha deciso di impugnare la legge regionale campana, la legge De Luca, e nella Lega c’è chi spera nella sapienza dei giudici. La Corte si dovrebbe pronunciare a maggio e chi lo dice che la Corte non possa pronunciarsi a favore del quarto mandato? Ecco che allora si torna, sparatissimi, su Zaia, l’elisir di Salvini. Fino a quel momento si attende e si ricorda che i furbettini di FdI, in Piemonte, hanno sostenuto la legge sul terzo mandato che fa contento Cirio di Forza Italia. In pratica: due pesi e due Tajani. La grappa Zaia si beve che è una meraviglia anche perché come ricordano i leghisti: “Amici, se Luca non si candida come si mette con i consiglieri regionali? Altri disoccupati leghisti, eh no”. Chi l’avrebbe detto? Hanno trovato la vecchia concordia e la pace in guerra. Il Veneto era spina di Salvini mentre adesso è la sua rosa.