L’incoerente Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi è l’ennesima occasione persa dal Mase

Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ha perso un’importante occasione per rivedere, chiarire e aggiornare la metodologia alla base del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, cresciuti nel 2022 di circa 3 miliardi di euro rispetto agli anni precedenti

Nel 2022 i sussidi ambientalmente dannosi (Sad) sono cresciuti di circa 3 miliardi di euro rispetto agli anni precedenti, attestandosi attorno ai 24 miliardi. L’aumento è legato principalmente a due settori: energia e soprattutto Iva agevolata, probabilmente per effetto della crisi energetica. Sono alcuni tra i dati contenuti nella nuova edizione (la sesta) del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, pubblicato negli scorsi giorni dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase). Il documento quest’anno è particolarmente importante, perché serve a indirizzare alcuni obblighi politici del governo. Il Pnrr, infatti, impone di ridurre i Sad di 2 miliardi di euro entro il 2026 e di ulteriori 3,5 miliardi entro il 2030.

Sono considerati sussidi tutti quegli “incentivi, agevolazioni, finanziamenti agevolati ed esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell’ambiente”. Tra i Sad più pesanti, dal punto di vista quantitativo, ci sono il differente trattamento fiscale tra benzina e gasolio (cioè i circa 11 centesimi di differenza tra le accise gravanti sui due carburanti, che producono un mancato gettito teorico di 3,2 miliardi di euro) e l’Iva agevolata sulla compravendita di immobili, del 4 per cento sulla prima casa e del 10 per cento per le altre (2,8 miliardi ciascuna).

La metodologia utilizzata solleva più di un dubbio. Quest’ultima edizione del Catalogo promuove da “dannoso” a “incerto” dal punto di vista ambientale il credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali nel Mezzogiorno, senza fornire alcuna giustificazione per la correzione (peraltro, da tempo sollecitata dal Foglio). Ma nella descrizione analitica della misura si continua a sostenere (e motivare) che “costituisce un Sad”. Inoltre, e questo è veramente incomprensibile, figurano come Sad alcune forme di incentivazione dell’uso dell’energia elettrica quali l’esenzione dall’accisa sui consumi domestici di energia elettrica (554 milioni) o l’Iva agevolata sui medesimi (3,1 miliardi). Ciò contraddice non solo la politica nazionale ed europea di elettrificazione degli usi finali, ma anche altre scelte del medesimo catalogo, che giustamente considera favorevoli all’ambiente i sussidi alle auto elettriche o alle pompe di calore.

Stabilire correttamente gli effetti ambientali delle diverse misure fiscali è cruciale per evitare che eventuali riforme tributarie sortiscano conseguenze opposte a quelle desiderate. Eppure, nella consultazione pubblica promossa dal Mase alcuni mesi fa, questa incongruenza è stata sollevata da pochi soggetti. Altri, sia tra le associazioni ambientaliste quali Wwf e Legambiente sia tra le forze politiche come il Pd, chiedono l’abolizione indistinta dei Sad. In assenza di correttivi, ciò comporterebbe un aumento della pressione fiscale: problema che potrebbe essere evitato se il gettito addizionale fosse usato per ridurre altre imposte (l’Irpef).

Sotto questo profilo il Mase getta acqua sul fuoco, invocando “gradualità” e “compensazioni” ai soggetti eventualmente danneggiati dall’eliminazione di un Sad. Ma qui si apre un altro paradosso: nella relazione al Parlamento che accompagna il catalogo, il Mase scrive che “l’Italia si caratterizza per avere molte spese fiscali con un valore medio molto basso, un numero di beneficiari molto contenuto e molte voci con importi trascurabili”. Ne segue che la politica dei sussidi ambientali “più che agli obiettivi tributari, di efficienza o distributivi, è orientata al processo di scambio con i gruppi di pressione”: non esattamente una lezione di terzietà.

Il rapporto si conclude col censimento delle misure eccezionali assunte nel contesto della crisi energetica, molte delle quali sono Sad. Tra il quarto trimestre 2021 e il primo trimestre 2023 il Mase ne quantifica l’impatto in circa 35 miliardi: un risultato non chiaro, visto che la Nadef 2023 stimava gli oneri generati nel solo 2022 in circa 54 miliardi di euro. Anche per questo, oltre che per il fatto che il catalogo rappresenta la base per importanti decisioni di policy, il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha perso un’importante occasione per rivederne, chiarirne e aggiornarne la metodologia. Per rispettare gli impegni presi con il Pnrr, il governo ha già messo in campo alcuni interventi (il più importante dei quali è la rimodulazione dei fringe benefit per le auto aziendali disposta nella legge di Bilancio per il 2025).

Ma la vera partita si giocherà sulla rimodulazione delle accise sui carburanti: fare affidamento su un documento più trasparente e rigoroso aiuterebbe un confronto che invece si annuncia caotico. Trovare una versione condivisa su cosa è Sad, perché, e in che misura, sarebbe un primo, fondamentale passo avanti, che anche quest’anno purtroppo non c’è stato.

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