L’intesa potrebbe essere annunciata già oggi. Il gruppo della Striscia ha approvato una bozza, rimangono alcuni dettagli da definire. Cosa prevede
Dopo più di un anno di negoziati e soltanto una tregua approvata nel novembre del 2023, con la mediazione di Egitto e Qatar, il governo israeliano e il gruppo della Striscia stanno finalizzando un accordo per il ritorno a casa degli oltre novanta ostaggi detenuti dai terroristi e il cessate il fuoco a Gaza. Il segretario di stato americano Antony Blinken, in un discorso all’Atlantic Council, ha detto che l’accordo “è a un passo”, “più vicino che mai”: i mediatori starebbero aspettando la risposta di Hamas che potrebbe arrivare entro poche ore. La proposta è stata presentata dal presidente americano Joe Biden a giugno dello scorso anno e prevede un accordo in tre fasi.
Nella prima fase è previsto il ritorno di trentatré ostaggi tutti vivi, tra cui donne, bambini, anziani e civili feriti, comprese cinque soldatesse israeliane, ciascuna delle quali verrebbe rilasciata in cambio di 50 prigionieri palestinesi, tra cui 30 prigionieri di sicurezza condannati che stanno scontando l’ergastolo. Questa fase comporterà la liberazione di un numero di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane che potrebbe arrivare a trenta detenuti per cinque ostaggi, molti dei quali condannati per terrorismo. Durante questa prima fase, della durata di 42 giorni, l’esercito israeliano si ritirerà dai centri abitati, i palestinesi inizieranno a tornare alle loro case nel nord di Gaza ed entreranno maggiori aiuti umanitari, con circa 600 camion ogni giorno. Tsahal manterrà la sua presenza soprattutto nei corridoi Filadelfi, che divide la Striscia dall’Egitto, e Netzarim, che per sei chilometri taglia in due Gaza.
Il 16esimo giorno della prima fase dell’accordo inizieranno i negoziati per l’attuazione della seconda fase, che dovrà portare al cessate il fuoco definitivo e alla liberazione di altri ostaggi, principalmente soldati maschi, con il ritorno in Israele anche dei corpi di chi è stato ucciso il 7 ottobre ed è stato trascinato a Gaza senza vita o chi è morto durante la prigionia. Questa fase richiederà anche il ritiro totale di Tsahal in una zona cuscinetto e il ritorno della popolazione palestinese nel nord della Striscia.
La terza fase sarà la fase della ricostruzione e dovrebbe prevedere il rientro di tutti i corpi degli ostaggi morti durante la prigionia o uccisi il 7 ottobre. E’ proprio questo il momento del “rischio Afghanistan” per Israele: per evitare che Hamas torni – è abile veloce e soprattutto ha alleati, tra cui il Qatar – ci vuole un piano. Il vuoto di potere in cui il gruppo non deve tornare deve essere riempito in modo rapido e l’attivismo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) in Cisgiordania contro Hamas e il Jihad islamico è il segnale del fatto che vuole essere presa sul serio per il futuro della Striscia, anche se Israele non si fida dell’Anp.
I primi ostaggi israeliani erano stati liberati il 24 novembre 2023 nell’unica tregua approvata dall’attacco terroristico di Hamas nel sud di Israele, il 7 ottobre 2023. Pochi giorni dopo la guerra a Gaza è ricominciata; allo scadere dell’accordo a inizio dicembre Hamas non ha consegnato una lista di prigionieri da liberare e ha violato la tregua sparando razzi e scatenando la risposta di Israele. Da lì in poi le negoziazioni non si sono mai fermate, la diplomazia è andata avanti. Gli Stati Uniti, l’Egitto, il Qatar si sono impegnati in una serie di negoziati forsennati e Yahya Sinwar, il leader del gruppo terroristico ucciso il 16 ottobre scorso dall’esercito israeliano, ha più volte rifiutato gli accordi, rispondendo sempre “no” a qualsiasi proposta e continuando a prolungare la guerra.
Poi l’uccisione di Sinwar ha portato a un vuoto di potere dentro all’organizzazione terroristica e Hamas ha ceduto su molte delle pretese. L’idea quindi, ha scritto Micol Flammini sul Foglio, è di cercare di stringere un accordo che resti e che non sia foriero di una nuova guerra, e in questo i sauditi possono fare la differenza: nei colloqui tra il governo israeliano e Riad la questione della normalizzazione è sempre più legata al futuro di Gaza che deve per forza partire dalla liberazione degli ostaggi e dal cessate il fuoco.