La conferenza stampa della premier: da Mattarella nessuna opposizione alla separazione delle carriere e non è il capo dell’opposizione. L’asse con il neo presidente Usa: “Sono un’interlocutrice privilegiata”. Le opposizioni quasi scompaiono, la ministra Santanchè è avvisata
Il rito le piace così così. Avrà pure risposto a 350 domande in un anno – come rimarca prima di aprire le danze – ma quando c’è una conferenza stampa Giorgia Meloni accusa lo stress partita. Un mix di ansia da prestazione, mania del controllo e possibilità elevata che non le mandi a dire se si sente provocata: è cresciuta fra Colle Oppio e la Garbatella, te corco. Sicché il fatto, raro, diventa un evento nell’evento. E allora eccola davanti ai giornalisti all’appuntamento organizzato dall’Ordine e dalla Stampa parlamentare. Questa volta però la premier potrebbe presentarsi alla conferenza pure fumando la pipa. E’ reduce da una vigilia fantastica: la liberazione di Cecilia Sala. “L’emozione più grande mai provata quando ho avvisato la madre della sua liberazione”. Nel corso di 2 ore e 13 minuti, per quaranta domande, si intravede il cielo sopra Meloni. Altro che formiche da non calpestare. I satelliti, grandi e fondamentali, ma anche piccoli e ininfluenti, che le ruotano intorno. Elon Musk e Donald Trump su tutti. Il primo difeso (“e allora Soros?”) ma anche problematizzato nel caso di Starlink (“ho ancora dei dubbi”); il secondo spiegato fino all’esegesi, smussato, dolcificato e dunque normalizzato nella percezione. Con la leader in versione un po’ ponte, un po’ quasi portavoce. Tuttavia si può partire dalla fine: dal satellite chiamato Quirinale.
Alla domanda, in chiusura, del Foglio sul ruolo del capo dello stato, additato da una parlamentare di FdI (Ylenja Lucaselli) come capo dell’opposizione, Meloni risponde di no, non è così. E aggiunge, e questa è una notizia dopo il no del plenum del Csm, che il Quirinale “non è contrario” alla separazione delle carriere dei magistrati. Mattarella, satellite che vigila sull’Italia, rientra anche tra coloro che in più di un’occasione hanno detto a Elon Musk di darsi una calmata con le ingerenze, visto che ricoprirà un ruolo nell’Amministrazione di Trump, e che la questione dei satelliti, tra uso militare e commerciale, apre comunque una questione legata ai dati e ai rapporti con un unico monopolista. Ecco di Musk si parlerà molto durante questo appuntamento. Perché l’uomo medusa è vasto. L’argomento, legato al contratto non ancora firmato con SpaceX, aleggia nell’aula dei gruppi della Camera. Più e più volte. La presidente del Consiglio lo difende dalla straripante attività di pr dell’ultra destra mondiale, e tira fuori George Soros (come ai tempi di “e allora le foibe?”). Nel merito dice che è contro le “lettere scarlatte”, che non accetta appunto lezioni dalle opposizioni – e qui le scappa un romanissimo “anche no” – e che sul merito del contratto e dei dati coltiva comunque un dubbio, consapevole della responsabilità della sua scelta, per quanto sia, mercato alla mano, obbligata. Poi certo c’è Trump. Con cui dice di avere un rapporto “solido e privilegiato” – vedere caso Sala – di cui spiega politicamente le intemerate su Groenlandia e Canale di Panama, di cui si fa garante sul rischio dazi, ma anche di un paventato disimpegno americano in Ucraina e delle richieste di portare al 5 per cento il contributo dei paesi membri alla Nato. A mettere in fila le dichiarazioni e le subordinate c’è questo zio d’America che abbaia, ma non morderà l’Europa perché comunque alla fine ci sarà lei. Magari anche a Washington per l’Inauguration day del 20 gennaio (“mi piacerebbe esserci”). Nel cielo di Meloni è un corpo celeste Arianna, la sorella madre della real casa e numero due del partito, raccontata come una stipatrice di nomine e poltrone, al centro di una strategia del fango, ma non di complotti, sottolinea ora la sorella minore, dimenticandosi del presunto allarme della scorsa estate con le procure pronte a farle la pelle. La famiglia resta nello sfondo e nessuno le chiede se dopo la separazione di Arianna da Francesco Lollobrigida, è vero, come insinuano in Via della Scrofa, che il ministro abbia perso potere all’interno di FdI. Alla fine il corpo a corpo non c’è quasi mai. Meloni, come le ricorda una giornalista di Politico, è la donna più influente d’Europa e non ha nemmeno bisogno di infierire sulle opposizioni. Anzi fa capire dalla risposta sul premierato e il referendum, derubricato a un non priorità, che è pronta a ricandidarsi. Dimenticate le opposizioni, eccezion fatta per Matteo Renzi. Per il quale rivendica la legge che ne limita la possibilità di incassare soldi da stati stranieri. Da qui la stoccata di chi non vedeva l’ora di dirlo: “Renzi lo sa bene perché non è un caso che il 24 febbraio del 2022 si è dimesso dal cda di una società di car sharing che aveva sede a Mosca”. Gli alleati litigiosi e rumorosi sulla carta anche loro sembrano piccole meteore da mettere. A Matteo Salvini dice che sarebbe un bel ministro dell’Interno, ma tanto uno c’è già e si chiama Matteo Piantedosi, altro che rimpasto. Ad Antonio Tajani fa sapere che un ingresso in politica di Pier Silvio Berlusconi, almeno come suggestione, non sarebbe un problema per il centrodestra: io sono disponibile ad accoglierlo. Seguiranno braccia aperte, una delle poche licenze concesse al linguaggio del corpo. In questo sistema solare meloniano anche Daniela Santanchè traballa davanti a un rinvio a giudizio. Quel “vedremo” dice tutto. In terzo piano la questione antifascista: non sa se staserà vedrà la serie “M” su Netflix perché non ha tempo di guardare la tv – eccetto il caso Claps – così come di leggere i libri, compreso quello di Scurati. Sa di vivere un momento d’oro e prova a ritornare coi piedi per terra citando la massima di Spider Man sui poteri e sulle responsabilità. E’ sicura di sé. Guarda comunque in alto provando – come da filosofica domanda di Alexander Jakhnagiev di Vista – a non calpestare le formiche. Prima delle 14 tutti a pranzo. E citando “Vacanze di Natale” pure questa conferenza stampa Meloni se l’è tolta dalle scatole. Bisognerà aspettare un altro anno?