Sanità, soldi e stato (non) etico. Qualche dubbio sulle proposte del dottor Harari per riformare il SSN

Lo stimato pneumologo ha scritto un articolo sul Corriere della Sera sul problema della riforma della Sanità, con alcune proposte. Ma nel lungo elenco non c’è spazio per una idea semplice: rivedere gli sprechi di spesa, più alti nelle regioni dove la salute pubblica è meno garantita

Sergio Harari è uno stimato medico, pneumologo, noto anche per i suoi interventi pubblici d’argomento scientifico. Ieri sul Corriere della Sera ha scritto un articolo in prima pagina su un tema grave e purtroppo evergreen (“Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi”, il più classico dei cominci) e cioè il problema della riforma della Sanità. Titolo: “La Sanità e la svolta necessaria”. Si inizia con dati allarmanti, non soltanto italiani. “Un sistema con le criticità di finanziamento e di programmazione come quelle che presenta attualmente il nostro Servizio sanitario nazionale non può farcela”. Secondo il National Health System inglese un “sottofinanziamento cronico” non può che “determinare l’implosione di un servizio sanitario”. E nel nostro paese la Sanità è da decenni sottofinanziata.

Che fare? “Bisogna passare alle proposte concrete”. E accanto ad alcune che potremmo definire classiche, come riconsiderare il ruolo dei professionisti sanitari o rivedere i rimborsi per le attività svolte che vengono riconosciuti agli ospedali, o sfruttare la AI, ce ne sono alcune perlomeno curiose. Che però Harari mette addirittura in cima: “Aumentare il finanziamento del Ssn attraverso l’introduzione di tasse di scopo sui prodotti dannosi per la salute, come alcol e tabacco”.

A parte il tic da stato etico, tassare i vizi per (ri)educare alla virtù, si potrebbe obiettare che alcol e tabacchi sono già ben bene tassati: un residuo di monopolio ottocentesco, più che un’idea da sanità del futuro. Anche la seconda proposta è discutibile: “L’implementazione di tasse sugli extraprofitti delle multinazionali operanti nel settore sanitario”. Come per le banche o la benzina, determinare che cosa siano gli “extraprofitti” è complicato: se sono profitti illeciti, intervenga la legge. Se non lo sono, sono profitti industriali che servono anche a finanziare la ricerca.

Peccato che nel lungo elenco non ci sia spazio anche per una idea semplice: rivedere gli sprechi di spesa che, guarda caso, sono più alti nelle regioni dove la salute pubblica è meno garantita.

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