Il socialismo ferroviario di Starmer costa tanti soldi (pubblici)

Addio alla storica privatizzazione thatcheriana. Pagheranno i contribuenti, ma esultano i dipendenti: il piano Maduro per le ferrovie promette di mettere fine ad anni di ritardi, cancellazioni, prezzi alti e sprechi. Il socialismo dei treni colpisce anche l’Italia.

Alla stazione di Waterloo, uno dei più grandi scali ferroviari di Londra, il prossimo maggio, sarà business as usual per i quasi 60 milioni di viaggiatori che ogni anno transitano: i treni continueranno a partire in orario, il grandioso atrio a mezzaluna in stile vittoriano sarà ordinato e ben tenuto, come ogni giorno. Ma un terremoto invisibile scuoterà la stazione: tutti i convogli della South Western saranno del governo. Il premier Keir Starmer, in pieno fervore statalista, ha deciso di riprendersi tutte le ferrovie che Margaret Thatcher aveva privatizzato. Oggi nel Regno Unito si contano circa 25 compagnie, tutte private, molte straniere (come Trenitalia e Deutsche Bahn): nessuna si fa concorrenza diretta, ognuna gestisce una tratta in concessione e in esclusiva.


La rinazionalizzazione sarà di una semplicità disarmante: man mano che le licenze ferroviarie date ai privati andranno a scadenza, il governo non le rinnoverà e ne tornerà in possesso. La concessione di South Western è la prima a tornare allo stato; poi toccherà a Greater Anglia, la compagnia dello Stansted Express, il treno che trasporta milioni di turisti, molti italiani, che arrivano a Londra con Ryanair. Non ci sarà nessun esproprio o indennizzo, ma un lento ritorno allo stato imprenditore, com’era dopo la Seconda Guerra Mondiale.


Era il 1830 quando il primo treno passeggeri al mondo partì dalla stazione di Liverpool Crown Street, grazie alla locomotiva a vapore inventata da George Stephenson, per arrivare a Manchester. Fin dalla nascita, e per più di un secolo, le ferrovie inglesi, finanziate dalle prime banche d’affari, sono state in mano ai privati. Fu Clement Attlee, succeduto all’eroe di guerra Winston Churchill, a nazionalizzare le ferrovie. Durò appena 40 anni perché la Lady di Ferro le riportò in mani private: fu uno spartiacque e una delle decisioni storiche del governo Thatcher (anche se poi tecnicamente il passaggio avvenne con il governo Major nel 1994) perché allora le ferrovie in tutta Europa erano statali. Ma il nuovo governo laburista, tornato al potere dopo quasi 15 anni e forse memore proprio del suo predecessore ha deciso di tornare al ’48: rischia, però, di scoppiare un 48.



Da qui al 2030, tutte le tratte ferroviarie finiranno dentro la neonata Gbr, la Great British Railways, una sorta di mega Iri dei treni, che già solo così, sulla carta, fa paura, per la mentalità liberista inglese, allergica allo statalismo. Ma che è invece coerente con il nuovo corso che il paese ha imboccato. Uno dei primi atti di Starmer, appena insediato a Downing Street, è stato quello, fondamentale per il Regno Unito, di far rimuovere il ritratto della signora Thatcher. Dentro la casa-ufficio che ospita i primi ministri inglesi ci sono i ritratti di tutti gli ex inquilini. Nessun premier, finora, aveva mai fatto rimuovere qualcuno. Ma il laburista Starmer dietro l’immagine di moderato nasconde un’indole da invasato che, infatti, gli sta costando il consenso, sceso in soli 6 mesi addirittura in negativo (-45 per cento): la mossa teatrale del ritratto non era solo un gesto politico, già abbastanza sgarbato per la tradizione britannica, ma era molto di più: era un programma di politica economica. Annunciato come un pilastro del nuovo governo, il “piano Maduro” per le ferrovie promette di mettere fine ad anni di ritardi, cancellazioni, prezzi alti e sprechi nei treni di Sua Maestà. Che sarà davvero così, viene più di un dubbio, tra gli esperti. Perché i conti della rinazionalizzazione sembrano fatti alla carlona. Tornando a gestire direttamente le ferrovie, il governo si vanta di risparmiare 150 milioni di sterline all’anno. Peccato, però, che il medesimo governo si sia dimenticato di conteggiare i debiti: 15 miliardi, molto di più dei risparmi.



Lo ha ammesso, a denti stretti il ministro dei Trasporti, Heidi Alexander: nel riprendersi le licenze, la nuova Gbr, al 100 per cento di proprietà dello stato, si dovrà fare carico anche dei debiti delle varie compagnie private, che saranno svuotate. Il governo non spenderà nulla per rinazionalizzare, vero, ma sarà zavorrato dalle passività che fino a oggi erano in mano alle aziende. E’ un’ulteriore tegola che cade sui conti pubblici: i 50 miliardi di buco apparentemente lasciato in eredità dai Tory, secondo i laburisti, diventano così 65. Il costo dell’extra debito pubblico lo pagheranno, ancora una volta, i cittadini sotto forma di nuove tasse, già aumentate a dismisura con il nuovo governo. D’altro canto, proprio la rimossa Thatcher ebbe a dire che “i soldi pubblici non esistono: esistono solo le tasse pagate dai cittadini”.


Lo stato inglese non gestisce più treni da quasi mezzo secolo: ha perso tutte le competenze, non ha più, nel suo apparato amministrativo, civil servant in grado di gestire le strade ferrate. Dovrà far massiccio ricorso ai consulenti esterni, che alla fine costeranno di più dei presunti risparmi. Intanto, tra due mesi, i viaggiatori subiranno un rincaro dei biglietti dei treni del 3 per cento: è l’adeguamento automatico all’inflazione.


Il socialismo dei treni colpisce indirettamente anche l’Italia: 5 anni fa, Trenitalia entrò nel paese. Con una zampata felina, estromise la Virgin Trains del baronetto Richard Branson, e conquistò la concessione Londra-Glasgow, una tratta strategica. Gli italiani, assieme all’operatore locale First, avrebbero gestito l’attuale pendolino, in attesa della grande HS2, la futura Alta Velocità del paese. Il FrecciaRossa sarebbe sbarcato nel Regno Unito e sarebbe stata la prima compagnia a gestire la Tav. Non c’era solo il prestigio, visto che la Gran Bretagna è il paese dove le ferrovie sono nate, ma per Trenitalia anche un salto industriale, in un mercato molto più grande di Spagna e Grecia, dove attualmente il FrecciaRossa viaggia. La campagna (ferroviaria) di Britannia da parte delle Fs italiane finirà molto prima del tempo: nel 2026, il treno Avanti dovrà essere consegnato allo stato. Così dopo soli 7 anni, e senza mai aver fatto viaggiare un treno veloce, Trenitalia dovrà fare le valige e lasciare il paese (almeno come compagnia ferroviaria).


Per ora, dalla rinazionalizzazione, ci guadagnano solo i lavoratori delle varie compagnie ferroviarie: diventeranno tutti dipendenti pubblici (e dunque voti per i laburisti), sotto il piacevole ombrello del posto fisso. Vuoi vedere che Checco Zalone ha fatto proseliti pure tra gli anglosassoni?

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.