Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – Viva Cecilia Sala libera. Viva Giorgia Meloni.
Luca Rocca
Il giorno più bello. Bentornata Cecilia.
Al direttore – Gaudeamus igitur!!!! Cecilia Sala free. Finalmente. Che sollievo!
Lucia Criscuolo
Al direttore – A fare una macabra comparazione, difficile dire se abbia fatto più morti il nazismo o il comunismo, responsabile di circa 100 milioni di vittime. Alzare il pugno chiuso per inneggiarlo o la mano tesa per esaltare il nazismo dovrebbe avere lo stesso identico disvalore. La realtà è che in Italia l’antifascismo riscuote più successo dell’anticomunismo, a dimostrazione che i disvalori non hanno tutti lo stesso valore. Con i migliori saluti.
Roberto Alatri
Al direttore – Chiamata direttamente in causa da un editoriale non firmato del Foglio di ieri desidero svolgere alcune riflessioni. Mi si accusa, in sostanza, come ex presidente della commissione parlamentare antimafia, di volermi sostituire alle sentenze dei magistrati, perché ho recentemente parlato del delitto Mattarella come di un coacervo di interessi, di complicità, di connivenze oscure, che lambivano – oltre alla mafia – ambienti dei servizi deviati, P2 e terrorismo di destra. Due osservazioni in proposito, la prima di metodo, la seconda di merito. Da presidente della commissione antimafia sono sempre stata attentissima a non sovrapporre il lavoro della magistratura, che ha come compito quello dell’accertamento delle responsabilità penali individuali, a quello del Parlamento, che ha invece la funzione di fare luce sui fenomeni politici, sociali e culturali che stanno alla base della criminalità mafiosa. Sono stata sempre scettica – e sfido a provare il contrario – sull’attività di quei magistrati (non molti, per fortuna) che hanno accampato la pretesa di scrivere la storia attraverso le sentenze. Verità giudiziaria e verità storica sono due percorsi paralleli che possono giungere anche a delle discordanze. Nessuno oggi può, per fare un esempio, mettere in discussione la responsabilità di Mussolini nel delitto Matteotti, anche se non vi sono evidenze giudiziarie a questo proposito. Per cui mi trovo nella curiosa posizione di essere accusata dall’anonimo estensore del Foglio di voler scrivere o, meglio, riscrivere la storia perché non mi atterrei alla lettera al dettato delle sentenze della magistratura. Un testacoda logico, che credo non potrà sfuggire ai suoi lettori. Nel merito del delitto Mattarella. Resto convinta, al di là delle personali responsabilità di chi materialmente compì quell’uccisione, che fu un delitto politico-mafioso nel senso che, accanto a Cosa nostra, entrarono in gioco poteri occulti e ambienti dell’eversione. Chi tenta di confinare l’omicidio Mattarella all’interno della sola Sicilia, dimentica (o fa finta di farlo) che la mafia in quegli anni aveva comprovati collegamenti con apparati infedeli dello stato, con il terrorismo di estrema destra, con la massoneria deviata, con la criminalità comune (per esempio, la Banda della Magliana) e un’ampia proiezione internazionale. I casi Ambrosiano-Sindona-Calvi dovrebbero dire qualcosa a questo proposito. E forse giova qui ricordare, a proposito di Sindona, la sua presenza in Sicilia a pochi mesi dal delitto Mattarella. Arrestato dalla polizia, dopo aver inscenato un finto rapimento, dichiarò di essere venuto sull’isola con lo scopo di impedire il golpe comunista, con esplicito riferimento all’alleanza Dc-Pci alla regione siciliana promossa da Piersanti Mattarella. I depistaggi continui, riconosciuti e documentati, anche all’interno dello stato, i pentiti spuntati come funghi con dichiarazioni contraddittorie, hanno allontanato il raggiungimento della verità per ben 45 anni. Ma rafforzano la tesi di chi, come me, ritiene che “non fu solo mafia”. Come nel biennio ’78-’80, dal rapimento di Aldo Moro alla strage di Bologna, niente fu solo mafia, niente fu solo terrorismo. Veniamo infine alle recenti notizie che riguardano una nuova fase dell’inchiesta, con l’incriminazione di due appartenenti alla mafia, presunti killer di Mattarella. Anche qui, però, caro direttore, noto un testacoda. Un avviso di garanzia (e mi sembra strano di doverlo ricordare io a un giornale che si professa “garantista”) non si può scambiare per una condanna definitiva. Ho sempre avuto il massimo rispetto per il lavoro della magistratura e auguro agli inquirenti di giungere alla verità, che tutti ci attendiamo. Ma, fossi io l’editorialista di un giornale garantista, ci andrei con i piedi di piombo nell’affermare che una pista investigativa appena intrapresa scriva o riscriva la storia giudiziaria, o quella del paese, dandola già per acclarata. Ultima notazione, che mi sta molto a cuore. L’anonimo editorialista scrive che Falcone avrebbe scartato la pista dei Nar. La cosa non è assolutamente vera, fu infatti Falcone a incriminare Fioravanti e Cavallini. Parlano gli atti del rinvio a giudizio, firmati dal magistrato siciliano, parlano le due audizioni che Falcone fece alla commissione parlamentare antimafia. Parlano le ammissioni di Cristiano Fioravanti, raccolte da Falcone, che poi Cristiano rifiutò di confermare in aula. Il tribunale di Palermo, con sentenza definitiva, giunse – è la storia giudiziaria – a una conclusione diversa da quella di Falcone, che nel frattempo era stato fatto saltare in aria. Ma per questi motivi Falcone non può essere utilizzato come un paravento per comprovare la tesi – legittima, come è quella di altri – che il delitto Mattarella fu “solo mafia”.
Rosy Bindi
Grazie dell’appunto. Un caro saluto a lei.
Al direttore – In relazione all’articolo di Carmelo Caruso pubblicato oggi relativo ai servizi satellitari di Starlink e a un supposto progetto di acquisizione di Eutelsat le preciso che né in quanto Autorità delegata allo Spazio dal presidente Draghi né come ministero per l’Innovazione e la Transizione digitale presso la presidenza del Consiglio abbiamo avuto contatti o vagliato ipotesi di collaborazione con le due società durante il nostro periodo di governo.
Vittorio Colao
Risponde Carmelo Caruso. Registro la sua lettera. Confermo quanto scritto.