Il signor Yehia Elgaml aveva iniziato dicendo “basta violenza, basta vendetta, Ramy non vuole questo. Vogliamo solo sapere la verità”. Oggi ringrazia la giustizia, ed è confortante sentirglielo dire
Il 29 novembre avevo scritto questo: “Ieri guardavo il padre del giovane Ramy, il signor Yehia Elgaml, che diceva bruscamente ’basta violenza, basta vendetta, Ramy non vuole questo. Vogliamo solo sapere la verità’. E poi diceva che suo figlio sarebbe stato sepolto a Milano, perché era italiano, ’e si sentiva italiano, si sentiva milanese’. (Come Stendhal, mi sono detto). La notizia associata era l’invio di 600 ’aggiuntivi’ agenti di polizia: il ministro Piantedosi teneva a precisare che la decisione era stata presa ’prima’. Prima dunque della morte di Ramy e degli 8 ultimi chilometri della sua vita e della fiaccolata annunciata al Corvetto, prima di tutto insomma. L’invio straordinario di 600 donne e uomini della polizia per il ragazzo Ramy sarebbe infatti sembrato troppo”.
Martedì sera ho guardato, agghiacciato, i video e le registrazioni che i magistrati hanno raccolto. Lo scooter inseguito e urtato, tamponato, dalla gazzella dei carabinieri. I carabinieri che si incitavano a far “cadere” i ragazzi. Che si congratulavano perché era “caduto”. (Un caduto, infatti). I carabinieri che fermavano il passante che aveva filmato lo scontro fatale a Ramy e micidiale per il suo compagno, e aveva detto subito di essere stato costretto a cancellare il suo filmato. I carabinieri che si congratulavano in una relazione di servizio che fosse stato evitato l’impatto fra la loro auto e la moto.
Ieri ho guardato di nuovo il signor Yehia Elgaml, che ringraziava “la giustizia”, e diceva di aver per la prima volta potuto “riposare”. Era confortante sentirglielo dire, dopo più di quaranta notti. Sarebbe stato normale che tutti gli altri, tutti noi altri, non riuscissimo a chiudere occhio, per una notte, o anche meno. Una mezz’ora?