Rafael Leao e la Luna

Non si può chiedere razionalità a chi ondeggia nell’irrazionale, non si può sperare di ambire al rispetto di uno spartito da chi ha necessità di improvvisare perché altro non sa e non può fare. L’attaccante del Milan e ciò per cui vale la pena muoversi

Sbanda, derapa, riparte. Sempre sgommando. Sempre rischiando il disarcionamento e sempre in imperfetto equilibrio, quasi il suo corpo non rispondesse alle stesse leggi fisiche alle quali rispondono tutti gli altri corpi umani. Eppure è umano, umanissimo Rafael Leão. Non troppo, come per faciloneria e citazionismo si suol dire. Umano soltanto, quindi incline come tutti all’influenza della Luna sulle masse d’acqua. E per questo ondivago.

Non può tutto, Rafael Leão, ma tanto sì, perché ci sono giocatori che possono di più di altri e lui è uno di questi. E quando vuole far valere il tanto che può fare, ecco che avversari e compagni perdono massa corporea e tridimensionalità, diventano sfondo tipo Super Mario.

Dicono, i più, che c’è bisogno, almeno per il Milan e per la Nazionale portoghese, del vero Rafael Leão. Eppure il vero Rafael Leão è quello dominato e governato dalla Luna, dalla sua volontà alterna come una marea, ma mai instabile.

Non si può chiedere razionalità a chi ondeggia nell’irrazionale, non si può sperare di ambire al rispetto di uno spartito da chi ha necessità di improvvisare perché altro non sa e non può fare perché non conosce, e non ha mai provato il desiderio di conoscere, le regole della composizione.

Rafael Leão (foto LaPresse)

Rafael Leão è sorriso e irriverenza, divertimento e stupore. Soprattutto concessione. Si concede e concede. Non c’è mai in lui l’egoismo di chi pensa di potersi affermare solo senza gli altri o sopraffacendo gli altri. Rafael Leão sa di essere uno, forse L’Uno, tra tanti e tutti utili, anzi necessari. Palla al piede concede il monologo solo per poi esaltare il controcanto, rappa a suo modo senza mai sfociare nel solipsismo e quando se lo concede è solo perché nessuno si è preso la briga di farsi trovare pronto per il duetto.

Ogni tanto sparisce Rafael Leão. C’è però da capirlo. Tutti noi abbiamo bisogno di trovare uno spazio che sia nostro, uno spazio nel quale ripararci per capire quello che sta succedendo, per provare a trovare soluzioni efficaci a ciò che c’è attorno. O anche solo per farci gli affaracci nostri. E lo facciamo anche al lavoro, alla maniera del calciatore portoghese, ma senza che ci siano spalti pieni pronto a tanare la nostra momentanea negligenza.

Si stacca dalle cose del calcio per disinteresse, alla ricerca di una bella idea, qualcosa per cui valga la pena muoversi, rincorrere, dannarsi cuore, muscoli e polmoni. Ogni tanto la trova. E in quel momento il suo sorriso si accende. E anche quelli che si chiedevano e chiedono guardandolo, del perché sorride a caso, del perché sorride un po’ perso magari a nessuno, nemmeno fosse un Soldato Nencini prestato al calcio, dovrebbero mettersi il cervello in ghiaccio, smetterla coi giudizi, e guardare quel campo di gioco e quell’uomo che corre con il pallone tra i piedi, con gambe e spalle molleggiate, lasciando increduli, fuori tempo e fuori spazio, avversari e compagni, nell’attesa soltanto di trovare qualcuno per un duetto. Alla faccia del gol e della canzone d’autore.


Anche quest’anno c’è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all’aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.

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