Viaggio nelle tendenze in campo dove i modelli posizionali, alla Guardiola, sono in crisi e ci resteranno anche nel 2025. Da tenere d’occhio il Genoa di Vieira
Anno nuovo vita nuova. Come recita il classico proverbio, l’inizio del nuovo anno porta sempre (o almeno dovrebbe) delle importanti novità. Lo stesso assunto resta valido anche per il mondo del calcio, solitamente abituato a scandire il tempo da settembre a giugno piuttosto che da gennaio a dicembre. Quali novità tattiche vedremo nel 2025? E quali gli allenatori da seguire?
Per rispondere a queste domande occorre prima fare un veloce sunto di quanto visto nell’anno appena concluso. Il 2024 è stato l’anno della vittoria della Spagna agli Europei, del trionfo (l’ennesimo) del Real Madrid in Champions League e del Pallone d’oro consegnato a Rodi. In pratica, un dominio spagnolo dell’Europa come non si vedeva dai tempi Carlo V.
Tutto ciò è avvenuto però non riproponendo quel modello di calcio erroneamente definito tiki-taka da tanti. In questo senso, anche per la qualità degli interpreti, il Barcellona di Pep Guardiola (alfiere di quel gioco) resta un picco irripetibile, così come a suo tempo lo furono l’Ajax di Johann Cruyff e il Milan di Arrigo Sacchi.
Proprio partendo da questo assunto e dalle attuali difficoltà del Manchester City (ultima creatura di Guardiola), della Juventus di Thiago Motta (afflitta da pareggite) e anche del Paris Saint-Germain di Luis Enrique (almeno in Champions) e del Manchester United di Rúben Amorim si può affermare senza ombra di dubbio che i modelli rigidamente posizionali, con la loro esacerbata ricerca del controllo sulla partita, stanno attraversando un momento di crisi che durerà anche nel nuovo anno. I maestri di quel modello di gioco dovranno quindi ripensarlo, o rinunciando al controllo ossessivo di palla e spazio oppure adeguandolo a tempi che cambiano velocemente.
È questo, ad esempio, quanto fatto dalla Spagna, in particolare con l’utilizzo di Nico Williams e Lamine Yamal, due ali. La riscoperta delle fasce è una tendenza che proseguirà in questo 2025. Con i corridoi centrali del campo ormai intasati di giocatori (centrocampisti sì, ma anche difensori che vanno a giocare in mezzo come Malo Gusto del Chelsea o Riccardo Calafiori dell’Arsenal o attaccanti che arretrano fra le linee come Álvaro Morata) lo spazio per attaccare in modo utile è tornato a essere quello sulle corsie esterne.
Occupare i mezzi spazi (cioè i corridoi idealmente collocati fra quello centrale e quello laterale) non garantisce più dei vantaggi alle squadre in possesso, dato il proliferare delle difese a cinque che riempiono tutti questi canali con un marcatore.
Se non puoi sfondare centralmente l’ostacolo (cioè il blocco difensivo rivale) allora devi… aggirarlo. Per questo avremo un ricorso sempre maggiore alle ali vecchio stampo, quei numeri 7 alla Gigi Meroni in grado di saltare l’uomo. La strada che verrà seguita per creare superiorità numerica sarà dunque quella antica del dribbling, arte finora troppo spesso dimenticata, sacrificata sull’altare del passaggio a ogni costo. Con il gioco che si svilupperà sempre più sugli esterni torneranno anche i cross come arma di rifinitura privilegiata da parte di molte squadre, soprattutto da quelle che utilizzano dei centravanti classici e dei giocatori in grado di invadere l’area di rigore a rimorchio.
A proposito di numeri 7, il 2025 sarà anche l’anno del ritorno del concetto di ruolo. Uno degli ostacoli incontrati dai modelli posizionali è infatti rappresentato dall’idea che ogni spazio deve essere occupato da un giocatore, non importa da chi. La realtà invece sta dimostrando che non è più possibile adottare un atteggiamento del genere. Non conta solo occupare uno spazio, ma bisogna vedere anche con chi lo si fa. In pratica, tornerà ad avere un senso collocare i calciatori in zone di campo a loro congeniali, cioè appunto secondo il ruolo. Avremo ancora chi utilizzerà i terzini da numeri 10, ma saranno sempre di più gli allenatori che torneranno a schierare i propri giocatori in ruoli più adatti. Un esempio? Trent Alexander-Arnold nel Liverpool, sempre più terzino e sempre meno centrocampista, com’era invece stato negli anni passati.
L’altra kryptonite del modello posizionale è stata la marcatura a uomo. Il modello difensivo come quello dell’Atalanta (con marcature individuali a tutto campo), ha creato dei grattacapi al gioco di posizione. La mossa, per ovviare alle problematiche poste in essere da questo sistema, è stata quella di accentuare il movimento in campo dei giocatori o di proporre un modello alternativo, quel gioco relazionale che ha trovato nell’ex commissario tecnico della Nazionale brasiliana Fernando Diniz il suo alfiere.
La contromossa è il ritorno alla difesa di reparto. L’idea di difendere in funzione della posizione della palla come riferimento primario consentirà a molte squadre di poter ovviare ai limiti del marcamento individuale, manipolabile da avversari che si muovono nei tempi e nei modi giusti. Il passo successivo (chissà che non ci si arrivi già nel 2025) sarà quello di creare ‘difese intelligenti’, con uomini in grado di passare dalla marcatura a uomo a quella di reparto anche all’interno della stessa gara.
Infine, il calcio del 2025 segnerà il ritorno del contropiede. Qualcosa si è iniziato a vedere anche sul finire del 2024. E questo sia facendolo scattare da una difesa in blocco basso che da una in blocco medio. Il pressing resta un’arma tanto efficace quanto pericolosa per riconquistare palla. Infatti, tutte (o quasi) le grandi squadre ormai sono abili a superare una prima pressione forte, per attaccare poi in campo aperto. Con tante partite da giocare in un calendario sempre fittissimo diventa difficile sostenere a lungo fasi di pressing alto, per tutta la durata della stagione.
Di conseguenza, difendere e ripartire tornerà a essere utile. Per tutto quanto detto finora, fra i tecnici che meritano di essere seguiti nel 2025 (tralasciando i soliti noti) meritano una attenzione particolare Patrick Vieira (che sta facendo bene al Genoa) e lo svedese Jimmy Thelin, allenatore dell’Aberdeen, due portabandiera di quel ritorno al pragmatismo che segnerà il 2025.