Vertice di governo su Sala: dilemma sullo scambio con l’Iran. Meloni riceve la mamma di Cecilia

La giornalista usata come merce di scambio dal regime degli ayatollah. Dal ministero della Giustizia sbuffano per la fuga di notizie su Abedini, mentre si cercano strade alternative per riportarla a casa

Un vertice di governo, d’urgenza, alle 16. Giorgia Meloni, Carlo Nordio, Antonio Tajani, Alfredo Mantovano, i massimi gradi dei servizi segreti, il diplomatico Fabrizio Saggio. La richiesta delle opposizioni di essere chiamate. La convocazione dell’ambasciatore iraniano alla Farnesina. Cecilia Sala, redattrice del Foglio, è un ostaggio e viene usata come merce di scambio dal regime degli ayatollah. E’ l’ambasciatore iraniano Mohammadreza Sabourri, ricevuto oggi dal segretario generale del ministero degli Esteri, Riccardo Guariglia, a parlare di Abedini, l’ingegnere arrestato a Malpensa, e a correlare il suo destino al destino di Sala.

Lo fa dopo la decisione della procura generale di Milano, della pg Francesca Nanni, che dice “no” alla richiesta di arresti domiciliari per Abedini. L’Iran, appresa la notizia, rovescia le accuse. Per l’ambasciatore, Abedini “è detenuto nel carcere di Milano con false accuse” mentre Sala avrebbe invece ricevuto “tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici”. Ma Cecilia, hanno riferito i suoi cari, “dorme a terra, al freddo” in una cella in cui non si può nemmeno spegnere la luce. Un membro del governo, che sta seguendo la vicenda da vicino, spiega al Foglio: “Abedini è detenuto nel carcere modello di Opera. Ha libri, pasti decenti, persino la televisione”. Prima Renzi, dopo Schlein, entrambi chiedono a Meloni di coinvolgere le forze d’opposizione. Accettare la logica dello scambio, dicono alti esponenti diplomatici, “sarebbe umiliante per l’Italia”. Ci sono anche gli Stati Uniti di mezzo, che chiedono l’estradizione di Abedini. E allora che fare?

Si stanno cercando altre strade, che non siano quelle dello scambio. Ma le idee, se ci sono, sono tenute in massimo riserbo. Le autorità americane, a loro volta, ricordano all’Italia la pericolosità di Abedini, accusato di aver esportato illegalmente in Iran componenti elettronici sofisticati, con un documento trasmesso alla Procura generale di Milano. È un modo anche per comunicare il disappunto nei confronti di una possibile soluzione, quella dello “scambio”. Al ministero della Giustizia qualcuno sbuffa: “Era meglio che quel documento non fosse uscito dalla procura”. E aggiungono: “Fughe di notizie e can can mediatico non aiutano”. Chissà. A Palazzo Chigi c’è chi spiega che in realtà una richiesta formale di estradizione dell’iraniano, da parte americana, non sarebbe arrivata. L’incontro tra l’ambasciatore iraniano e Guariglia, il segretario generale della Farnesina, viene descritto come surreale.

L’ambasciatore iraniano si sarebbe limitato al silenzio, ad ascoltare le richieste italiane. Sono richieste che riguardano il trattamento inumano riservato a Cecilia Sala, richieste che verranno successivamente elencate in una nota di Palazzo Chigi. Il governo Meloni chiede un carcere dignitoso, la possibilità di ricevere visite. Quando Meloni convoca servizi segreti, ministro degli esteri, ministro della Giustizia con Alfredo Mantovano, a Palazzo Chigi, la decisione è così improvvisa che Carlo Nordio, in viaggio verso Treviso, torna a Roma, di corsa. Si comincia a dire che Meloni, per decidere la strategia, voglia attendere l’arrivo di Joe Biden a Roma, il 9 gennaio. Sono supposizioni. “Fantasie”, dicono da Palazzo Chigi. Si studiano le possibili vie giuridiche, quelle che racconta nel dettaglio Ermes Antonucci qui sul Foglio. C’è ritrosia per l’ipotesi dello scambio, ritenuto “poco dignitoso”, ma ora ci sono le opposizioni a incalzare Meloni, a chiedere di essere coinvolte.

Mantovano viene incaricato di riferire oggi stesso al Copasir, presieduto da Lorenzo Guerini. Renzi, nell’intervista di Carmelo Caruso che trovate qui, vede in tutto questo un commissariamento del ministro degli Esteri Tajani. Diplomazia, negoziato e politica interna. Tutto, purtroppo, si tiene.

Di certo c’è che Meloni ordina di non comunicare. “Non parlate”, questo è il comando del presidente del Consiglio: si fanno danni a parlare. Alle 19,20 viene inoltrata una nota secca da Palazzo Chigi dove c’è scritto che “il governo ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali”. In calce, la notizia dell’incontro con la madre di Cecilia Sala, Elisabetta Vernoni, e con il padre. Le parole della madre, appena esce dall’incontro con Meloni, sono queste: “Va male, è ovvio. Ma l’incontro mi ha aiutato. Ci siamo guardate negli occhi tra mamme”. È fiduciosa. Aggiunge: “La fiducia è tanta e io sono un po’ come Cecilia. Sono un po’ come un soldato, aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo. Stanno facendo il loro”.

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