Mutano le prospettive della memoria, ma non l’atrocità della guerra. Cos’è il luogo?

Jonathan Littell è andato a Babyn Yar con il fotografo Antoine d’Agata, per capire che cos’è la memoria, che cos’è il rimosso, che cosa c’è da vedere, ma l’invasione russa dell’Ucraina ha interrotto e modificato il lavoro

Quel luogo sembra liscio. La memoria di Babyn Yar, come quel che resta dei corpi, è sotterranea (Leibniz avrebbe detto “ripiegata”). Una memoria grigia, spettrale, nascosta, ma che sgorga da ogni parte, perfino da una bicchiere di carta pieno di tè bollente di Aroma Kava.


Jonathan Littell e Antoine d’Agata “Un luogo scomodo” (Einaudi, traduzione di Mara Baiocchi, 360 pp.)

Dovresti scrivere qualcosa su Babyn Yar, perché non scrivi su Babyn Yar? Jonathan Littell disse: di nuovo? Oh no, non di nuovo. Cos’è un luogo in cui sono successe cose orribili? Che aspetto ha, fuori e dentro? Babyn Yar in Ucraina era conosciuto come “il burrone della vecchia”, ma adesso è tutto piatto. Nel 1941 i nazisti che avevano occupato Kyiv scelsero un luogo di periferia, una zona deserta disseminata di fabbriche, cimiteri e poche abitazioni, scelsero Babyn Yar per una Grosse Aktion. In due giorni, il 29 e il 30 settembre, fucilarono lì 33.771 ebrei di tutte le età (li contarono loro stessi). Continuarono durante tutta l’occupazione, il martedì e il giovedì, arrivando a circa centomila vittime, non tutti ebrei. Ora si può andare a Babyn Yar in metropolitana, la stazione è stata inaugurata nel marzo del 2000.

Jonathan Littell è andato a Babyn Yar con il fotografo Antoine d’Agata, per capire che cos’è la memoria, che cos’è il rimosso, che cosa c’è da vedere. Per lavorare ai luoghi. “Quella piccola piega del terreno mi parlava sottovoce, ma era molto più chiara del chiasso dei monumenti”. Ma mentre si chiedevano come scrivere, come fotografare quando non c’è niente da vedere, o quasi, la guerra, l’invasione russa, dell’Ucraina, ha interrotto e modificato il lavoro. I luoghi sono diventati di nuovo i posti in cui avvengono cose atroci. Appena è stato possibile, Littell e d’Agata sono tornati in Ucraina, ma questa volta a Bucha, il sobborgo di trentasettemila abitanti alla periferia di Kyiv dove meno di due mesi prima era avvenuto il massacro. Di nuovo, poche tracce. Di nuovo, il tentativo di offuscare la memoria, o forse il bisogno di farlo.

Questo libro è poi ricominciato con un’altra prospettiva, perché di nuovo è cambiato tutto e niente è più com’era. I volti, gli alberi, le fotografie con la termocamera che mostrano una fila di spettri arancioni dalla forma umana: sono persone che escono dalla metropolitana, ma sotto di loro, nelle pieghe della terra, ci sono i resti di persone diventate spettri per la furia umana. In questo libro niente viene sovrapposto: è un memoriale che non fa chiasso e che cerca di lenire il dolore, mostrandolo nel profondo.

  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.

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