Si abbassano gli scudi anti fake news: chiusa l’agenzia federale che Musk non voleva

Già da tempo i repubblicani di area trumpiana attaccavano il lavoro del Global Engagement Center che dal 2016 monitorava la disinformazione da parte di Russia e Cina. Il patron di Tesla l’aveva accusata di essere “una minaccia per la nostra democrazia”

Il 23 dicembre scorso il Global Engagement Center del dipartimento di stato americano, cioè una delle principali agenzie del governo federale per il contrasto della disinformazione di attori statali stranieri, ha cessato le sue attività. Nell’annuale legge di autorizzazione alla Difesa, approvata dal Senato americano la scorsa settimana, è stata eliminata all’ultimo momento la norma che avrebbe esteso i finanziamenti e le autorizzazioni del Gec fino al 2031, nonostante la pressione dei funzionari dell’Amministrazione Biden per cercare di farla sopravvivere. Già da tempo i repubblicani di area trumpiana attaccavano il lavoro di questa piccola (120 dipendenti per circa 61 milioni di dollari di budget) ma influente agenzia, che sin dal 2016 aveva il compito di tracciare gli sforzi di disinformazione e manipolazione da parte di attori come la Federazione russa e la Repubblica popolare cinese. Già nel 2013 Elon Musk, proprietario di X e oggi il “presidente ombra” della prossima Amministrazione Trump, aveva accusato il Gec di censura e di manipolazione delle informazioni, e di rappresentare “una minaccia per la nostra democrazia”.

Quello della disinformazione è un problema stratificato, complicato e costoso sia da monitorare sia da contrastare, e il Gec non era uno strumento perfetto – anche secondo diversi addetti ai lavori – ma un modello di trasparenza che avrebbe potuto essere migliorato soprattutto nelle sua attività internazionali. Neanche sei mesi fa l’agenzia aveva lanciato l’Ukraine Communications Group con sede a Varsavia per contrastare la disinformazione russa con il coinvolgimento di altri 12 paesi tra cui l’Ucraina e l’Italia e altri paesi europei e Nato. La nuova Casa Bianca di Trump e di Elon Musk, teorici del free speech che comprende anche la manipolazione delle informazioni e le fake news, con un uso spregiudicato pure dell’intelligenza artificiale, rischia di ritrovarsi privo di uno strumento internazionale efficace per frenare le ingerenze di Mosca, Pechino e Teheran. E chissà che non fosse proprio questo l’obiettivo.

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