Trump svuotatutto. Una guida dei gadget presidenziali

Un tempo erano solo il vino e i cappellini. Adesso arrivano il profumo e le chitarre

Non si sa se l’America e il mondo sopravviveranno alla seconda èra Trump, se ci saranno più o meno guerre, se la Nato esisterà ancora, ma quello che è certo è che il merchandising conoscerà nuove frontiere.



Nella prima èra Trump, il mondo ancora innocente studiava l’allora impresentabile e imprevedibile candidato la cui estetica era soprattutto legata alla Trump Tower, il grattacielo più cafonal di New York, dove farsi le foto davanti alle letterone d’oro. Poi, noi giornalisti scoprimmo Mar-a-Lago, il palazzone floridiano che – con un certo presagio – il governo americano aveva negli anni Settanta rifiutato dall’ereditiera dei cereali Marjorie Merriweather Post, cioè lei lo voleva regalare come una Casa Bianca sur mer e il governò aveva detto no grazie, perché costava troppo di manutenzione e perché gli americani non hanno mai sentito il bisogno di un villa Rosebery (c’è anche da dire che i presidenti americani avevano le loro residenze al mare private in posti mica male: Hyannisport per i Kennedy, Martha’s Vineyard per i Clinton ecc. ecc). Anche l’oggettistica legata ai presidenti era soprattutto legata a magliette e spillette elettorali (e forse anche qui un presagio per la povera Kamala era la scarsità di questi gadget, che non c’era stato abbastanza tempo per fabbricare, in quest’estate fatale). Dopo il barocchetto di Mar-a-Lago, scoprimmo gli hotel sparsi per il mondo e infine le cantine dove si producono i vini Trump. Poi naturalmente arrivò il cappellino MAGA, che qualcuno in vacanza in Usa si comprava per ridere.



Adesso, nella seconda èra Trump, mentre Mar-a-Lago è diventata veramente la Casa Bianca pieds dans l’eau, e una residenza molto più coerente con l’immagine dell’America 2024, grande potenza in ciabatte, con Musk e Milei che cantano e ballano YMCA saltando giù da una golf car rispetto ai severi saloni palladiani di Washington, adesso la conoscenza dell’uomo e del presidente Trump coincide anche con uno sterminato mondo di chincaglierie, un universo parallelo di oggettistica come nato dalla fantasia di un bancarellaro pazzo, di un Baffo da Crema senza confini.

Sul sito ufficiale il cappellino oggi è in vendita a 55 dollari ma ci sono anche maglioni “Americhristmas” a 47. Per chi vuole spendere di più ci sono le sneakers, bianche con decorazioni oro, e la scritta POTUS 45, cioè quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti (225 dollari). Per chi non è in cerca di sobrietà (ma forse non si cimenterebbe tra l’oggettistica trumpiana) ci sono quelle tutte d’oro, lanciate più recentemente, che si trovano su un altro sito. Questa sorta di Golden goose presidenziali viene 499 dollari, edizione limitata a mille esemplari.

Per chi al tempo libero preferisce pazze notti trumpiane c’è il raffinato pigiama nero con bordura bianca, e la scritta Trump sul taschino, 175 dollari (si può lavare in lavatrice, infatti è 96 per cento poliestere). Ma nel sito ufficiale non si trovano neanche le chitarre, che da qualche settimana sono commercializzate in un sito affiliato a Trump: la versione American Eagle, nera, con aquila e bandiera a stelle e strisce, in versione acustica costa 1.250 dollari e elettrica 1.500 (autografate dal presidente, bisogna moltiplicare il prezzo per dieci). La Gibson, storica azienda di chitarre elettriche, ha immediatamente mandato una diffida perché pare che la Trump-guitar copi spudoratamente il suo modello leggendario Les Pauls.

Esterno al mondo ufficiale trumpiano anche il profumo lanciato una decina di giorni fa, “Fight Fight Fight”, “per patrioti che non indietreggiano mai”, e confezione squadrata, insomma un chiaro plagio o omaggio al vecchio Arrogance delle nostre infanzie. Costa 199 dollari la versione base ma c’è anche quella con un piccolo busto del presidente eletto (ovviamente dorato) alla stessa cifra, e stesso prezzo in versione pour femme (“per donne che incarnano forza e grazia”), ma questa è sold out. Per lanciare il profumo, Trump nei giorni scorsi aveva utilizzato la foto che lo ritraeva sotto le volte della cattedrale di Notre Dame accanto alla first lady Jill Biden, e lo slogan: “Una fragranza a cui i vostri nemici non possono resistere”, come se fossimo in un video di Francesco Vezzoli. Il presidente eletto li ha raccomandati come ottimi regali per Natale, su X.

Anche il sistema di vendita di questi oggettini che nascono col favore delle tenebre è incasinato e misterioso come Trump e il suo mondo e forse la sua prossima amministrazione. Alle elezioni del 2016 Trump demandò ai suoi figli la gestione di quest’industria. Oggi secondo il New York Times non si capisce chi vende e produce cosa. Pare che lui lasci libero chiunque abbia in testa un’idea meravigliosa di business col suo faccione sopra, salvo poi chiedergli una percentuale adeguata. Nel 2016 si scoprì peraltro che la mercanzia del sovranista – in – chief era tutta prodotta all’estero. Col genio di marketing che lo contraddistingue, oggi sul suo sito ufficiale campeggia anche una sezione “made in America”.

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).

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