La speranza di una nuova generazione di cantanti eleganti

Ne “I racconti della moda”, Frisa ci insegna che con il passare del tempo le mode scompaiono, anche quelle più belle. Dagli abiti sartoriali alle cravatte, oggi sostituiti dai tatuaggi che i nuovi volti della musica scelgono di portare. Ma resta il sogno di una nuova èra di artisti capaci di riportare lo stile ai vecchi fasti

C’è moda e moda, ci sono le mode brutte e ci sono le mode belle, che disgraziatamente sono quelle passate di moda. Lo si capisce osservando la gente per strada, se ne ha conferma leggendo “I racconti della moda” (Einaudi), pagine letterarie sul tema selezionate da Maria Luisa Frisa. Ci ho scoperto lo stile magistrale di Irene Brin e la denuncia indispensabile di Flavia Piccinni. Ci ho ritrovato la parabola dell’abito su misura: “Su cento italiani ottanta di essi si vestono dal sarto” scriveva Lucio Ridenti nel 1959. Oggi saranno (saremo) lo 0,8 per cento.

Infine ci ho rintracciato la storia della cravatta: “E’ merito dunque della new wave e, in particolare, di Patti Smith, di David Byrne e dei Talking Heads, dei B52’s, di Brian Eno e, naturalmente, di quel dandy di David Bowie, aver riconciliato una generazione con la cravatta” scriveva Pier Vittorio Tondelli nel 1990. Oggi al posto della cravatta i cantanti mettono al collo dei tatuaggi, barbari che non sono altro. Prego per una new new wave di cantanti eleganti (prego per un miracolo, dunque).

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l’ultimo è “La ragazza immortale” (La nave di Teseo).

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