Michele Padovano, storia di un innocente

Accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga, l’ex calciatore ha affrontato 17 anni d’inferno prima dell’assoluzione senza mai una debolezza. Un docufilm racconta la sua vicenda

E ora, diciassette anni dopo, parliamo di calcio, del calciatore e basta. Di quel Pisa-Napoli del 1991 in cui “Diego sembrava Michele e Michele sembrava Diego, quel Diego”, delle parole con cui il presidente Ferlaino lo presentò al pubblico: “Che cosa volete che vi dica? Lo ha voluto Maradona”. E poi la Juventus, il ritorno a casa, lui che si fa spazio nello squadrone di Vialli, Conte, Del Piero. È suo il gol del 2 a 0 contro il Real Madrid che vale la semifinale di Champions League, suo uno dei rigori che il 22 maggio 1996 permettono ai bianconeri di alzare la Coppa. Michele Padovano oh oh: a 35 anni ancora da compiere decide di smettere, in carriera ha conquistato una Champions, uno scudetto, due Supercoppe italiane, una Coppa intercontinentale. E però quei diciassette anni ci sono stati e sono un pugno nello stomaco. Maggio 2006, dieci anni dopo la vittoria all’Olimpico, l’ex calciatore viene arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga.

La sua colpa? Quella di avere un amico di infanzia, un amico mai rinnegato come si fa con le persone che hai visto e ti hanno visto crescere e che accetti anche “quando combinano dei casini”, un amico, Luca Mosole, a cui l’ex calciatore ha prestato dei soldi per comprare un cavallo. Nel gergo del sottobosco “cavalli” è uno pseudonimo per indicare qualcosa di illecito, droga per esempio. Nel caso delle intercettazioni di Padovano cavallo voleva dire esattamente cavallo. Dieci giorni in una cella di isolamento a Cuneo, tre mesi nel carcere di Bergamo, e poi gli arresti domiciliari, i gradi di giudizio, le condanne, i ricorsi, la Cassazione, infine l’assoluzione definitiva con formula piena, il 31 gennaio 2023 “per non avere commesso il fatto”.

Il 9 luglio del 2006, la sera in cui l’Italia vince i Mondiali, Padovano guarda la partita da una televisione del carcere di Bergamo. Comincia così, da una stanza di una casa circondariale: Innocente. 17 anni senza libertà, la nuova produzione originale di Sky Sport che andrà in onda in due puntate il 3 e il 10 gennaio 2025. A spiccare è proprio la prima parola che compone il titolo: Innocente, innocente e basta. Dopo, tenendo presente la sentenza della corte d’Assise di Torino, arriva tutto il resto, la vicenda giudiziaria, calcistica e familiare. Il docufilm racconta la gloria e la caduta, quei gol sotto la curva e la notte in cui è stato fermato e ammanettato. Sua moglie Adriana non poteva andarlo a trovare in carcere perché indagata anche lei. Accompagnava suo figlio Denis, allora tredicenne, e rimaneva fuori dal cancello ad aspettare che il ragazzino ritornasse indietro per sentirsi raccontare come stava il suo papà, suo marito. Ogni volta che tornava da Bergamo arrivava la telefonata di Luca Vialli: “Michele come sta?”.

E Michele come stava? Michele stava. Giocava a calcio ogni domenica con gli altri, quindici contro quindici e guai se non era lui a battere le punizioni. Aveva un compagno di cella (anche lui intervistato) che gli diceva di stare tranquillo, che sarebbe tornato presto a casa. Mai una frase di rabbia, mai un episodio di indignazione, mai un grido o un gesto fuori controllo. Il pomeriggio in cui è uscito dal carcere, tre mesi dopo, c’era sua moglie ad aspettarlo all’uscita, lui aveva un sacco nero con tutte le sue poche cose, è salito in macchina e una volta arrivato a casa è andato in cucina e si è messo a preparare il pranzo. Come le famiglie normali, anche se di normale in questa storia non c’è nulla. Sono molte le testimonianze raccolte nel docufilm: Alessandro Del Piero, Antonio Conte, Ciro Ferrara, Luciano Moggi, il suo compagno a Cosenza Gianluca Presicci, Giacomo Francini e Michele Galasso, gli avvocati che lo hanno chiamato il 31 gennaio 2023 per dirgli che era arrivato anche per loro il momento di festeggiare.

Quel giorno Padovano non era riuscito a presentarsi in tribunale, aveva preparato un borsone da portarsi dietro nel caso in cui lo avessero condannato. È rimasto lì. Sono proprio gli avvocati a raccontare che durante tutta la durata del processo il loro assistito ha sempre risolto ogni loro dubbio, a cominciare da quelle che sembravano frasi in codice e che invece erano le conversazioni di due amici di infanzia, uno criminale l’altro no. Migliaia di carte e migliaia di giorni, un unico pensiero: il primo appena sveglio e l’ultimo prima di dormire. Era un uomo ricco Michele Padovano, si era guadagnato il suo benessere, ha perso tutto per difendersi. Denis Padovano si ricorda benissimo quegli anni, suo papà che aspettava ore in una sala d’attesa per un colloquio di lavoro, ma chi offre un lavoro a un uomo accusato di essere a capo di una associazione a delinquere, la decisione di aprire un bar, tutte le mattine la sveglia prima dell’alba, tutto quello che era stato e che aveva vinto travolto da un’ombra. In pochi, pochissimi, non sono mai stati attraversati da un dubbio e sono proprio Denis e Adriana, il figlio e la moglie che non hanno mai smesso di fare progetti rivolti al futuro: “Quando ti assolvono faremo, andremo, saremo”. Mai un tentennamento, mai il timore che suo marito fosse colpevole o almeno coinvolto.

Intorno la cultura del sospetto, i tempi patologici del processo, alcuni titoli di giornale, l’ex calciatore diventato delinquente fino a prova contraria. Diciassette anni per dimostrare la verità. Per ritornare a vivere di calcio, a lavorare per il calcio, come commentatore nella squadra di talent di Sky Sport. Come ha detto Libero Tubino, medico della Juve, Michele Padovano è in credito con la vita. Lo sa anche lui ma non vuole farlo pesare a nessuno. Al Delle Alpi nell’anno della Champions gli avevano dedicato un coro. I tifosi lo ricordano ancora oggi. La sua vicenda giudiziaria è un pugno sullo stomaco ed era giusto raccontarla. Per riuscire a ricordarsi chi è Michele Padovano. Ex calciatore. Innocente. E basta così.

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