Giustapporre il fumetto al trattato, il capolavoro al guilty pleasure e il memoir straziante al pamphlet capriccioso, come fanno gli elenchi di libri pubblicati sull’inserto culturale del Corriere, sembra dire al lettore ossessivo che fa bene a voler leggere tutto
Mi mette allegria, alla fine di ogni anno, la classifica di qualità compilata dalla Lettura. Per i pochi ignari, a inizio dicembre le prime pagine dell’inserto culturale del Corriere della Sera vengono monopolizzate dall’elenco dei libri segnalati da una giuria di ben duecentottantasette componenti. Io, che forse sono un po’ ossessivo-compulsivo, amo scorrere i nomi di autori, titoli ed editori giù dal primo posto fino all’ultimissimo, che si trova molto molto lontano, in quanto la redazione della Lettura ha deciso di includere qualsiasi libro abbia ricevuto foss’anche un unico solitario voto. Quest’anno sono quattrocentocinquantasette. Non mi entusiasma tuttavia la loro quantità – che comunque implica che mi vengano consigliati abbastanza libri per tre o quattro anni – bensì la possibilità di leggerne la sfilza tutta d’un fiato, da cima a fondo, come una lunghissima formazione di calcio mandata a memoria: Murakami Piperno Franchini Voltolini e via fino a (gli ex aequo sono in ordine alfabetico) Vasilyuk Vecchioni Wainaina Welsh. Vedo verificarsi quei felici accostamenti che mi causano lo stesso entusiasmo di quando, in una biblioteca privata, d’un tratto ho visto un mio libro infilato a caso fra Solov’ëv e Florenskij e mi sono sentito un po’ scrittore russo anch’io, indegnamente.
Affidabilissima quantunque, non credo infatti che la classifica di qualità della Lettura intenda essere esclusiva: non sta dicendo che, al di fuori di quei quattrocentocinquantasette libri, non valga la pena di leggerne altri. Mi sembra piuttosto che, col suo giustapporre il fumetto al trattato, l’esordiente al vecchio bucaniere, il capolavoro al guilty pleasure, il memoir straziante al pamphlet capriccioso e il bestseller al samizdat, quell’interminabile elenco stia dicendo al lettore ossessivo che fa bene a voler leggere tutto; che l’editoria non è una scala vassallatica bensì un ecosistema, in cui ci vuole l’elefante come il moscerino, il pangasio insieme all’ornitorinco; che tutto si tiene, purché accomunato dall’aver forma di parallelepipedo e dal contribuire alla sopravvivenza del settore perpetuando un meccanismo elementare. Avere appena chiuso un libro, voler aprirne un altro.