Da Google a Elon Musk. Ogni notizia dal mondo si collega con la tecnologia

A dominare su tutto, poi, come una nube minacciosa, ci sono le intelligenze artificiali generative, settore in continua crescita e su cui i colossi tecnologici continuano a riversare miliardi di dollari, per costruire data center, comprare chip Nvidia o energia da qualsiasi fonte disponibile

Il 2024 è stato l’anno del divorzio tra Fedez e Chiara Ferragni, ma anche quello del panico attorno all’assenza di Kate Middleton, tra foto ritoccate e pettegolezzi, un caso che si è risolto con la notizia della malattia della principessa. Scandali e panici collettivi che sono culminati con gli ultimi mesi della campagna elettorale statunitense, l’uscita di scena di Joe Biden e la nomina frettolosa di Kamala “Brat” Harris, che ha poi perso contro un Donald Trump benedetto dal Big Tech, Elon Musk in primis.

Qualunque sia la storia dell’anno scelta, non è difficile trovarle un “gancio” giornalistico con il mondo tecnologico, ormai diventato parte fondamentale di ogni interazione sociale e culturale. A dominare su tutto, poi, come una nube minacciosa, ci sono le intelligenze artificiali generative, settore in continua crescita e su cui i colossi tecnologici continuano a riversare miliardi di dollari, per costruire data center, comprare chip Nvidia o energia da qualsiasi fonte disponibile. Il dibattito sulla presunta bolla delle AI ci ha accompagnato per tutto il 2024, e continuerà a farlo l’anno prossimo, che sembra iniziare sotto una luna calante: nel settore si è diffuso infatti il sospetto che il progresso tecnologico nelle AI abbia raggiunto un limite, dovuto a diversi fattori. Cosa ne sarà di un settore che ha fatto all-in nella crescita continua delle AI nel caso questo timore fosse fondato? La domanda ci perseguiterà a lungo, visto anche il timore atavico che Big Tech ha nei confronti delle bolle finanziarie. Del resto, la folle crescita tecnologica, causata soprattutto dai social media e gli smartphone, ha avuto come seme la grande bolla delle dot-com del 2000.

Intelligenze artificiali a parte, è possibile fare alcune previsioni più o meno fondate su quello che ci aspetterà l’anno prossimo per quanto riguarda questo settore. Tra tutte, il cambiamento più probabile riguarda Google – e il gruppo Alphabet di cui fa parte insieme a YouTube, Waymo e altri servizi. A gennaio si insedierà l’amministrazione Trump, che da tempo medita vendetta nei confronti di Google, spesso accusata di corrompere i risultati delle ricerche web a sfavore dei repubblicani, e potrebbe cercare vendetta nei confronti del gigante. Ma soprattutto, Google dovrà vedersela con ben due procedimenti di Antitrust negli Stati Uniti, che riguardano la sua posizione di monopolio nella ricerca online e la tecnologia per la vendita e distribuzione in tempo reale degli spazi pubblicitari. Ricerca e pubblicità: le due colonne portanti dell’azienda. Per non parlare delle citate AI, che rischiano di riscrivere le consuetudini della ricerca online stessa, costringendo Google a cambiare un prodotto d’uso comune per milioni, se non miliardi, di utenti.

Per tutti questi motivi, Sundar Pichai, il CEO di Google, ha detto che la ricerca su Google cambierà “profondamente” nel 2025. Insomma, qualcosa succederà e Google sarà diversa tra un anno. Resta da capire se a scatenare questa trasformazione saranno fattori interni all’azienda – oppure no. Un’altra previsione riguarda l’Unione europea, che si sta svegliando da un lungo torpore nel campo degli investimenti – tecnologici e non solo – e continuerà a puntare su data center, oltre che su un servizio di telecomunicazioni satellitari in grado, un giorno, di fare concorrenza a Starlink di Elon Musk. “Too little, too late”, potrebbe pensare qualcuno ma da qualche parte bisogna pure iniziare: il vero problema è semmai il delta che separa gli investimenti dei singoli stati europei e dell’Ue da quelli dei privati negli Stati Uniti, che sarà complesso azzerare.

E poi c’è TikTok, social network cinese che al momento gode di uno stato quantistico, alla gatto di Schrödinger, in cui è contemporaneamente vietato negli Stati Uniti e “salvato” in qualche modo all’ultimo momento. Il prossimo 19 gennaio è il giorno del giudizio per ByteDance, proprietaria di TikTok, che dovrà decidere se disinvestire dal social network e permetterne l’acquisto da un’azienda statunitense o arrendersi al “ban” voluto prima da Trump, poi eseguito da Biden e che ora proprio Trump può evitare. Almeno potenzialmente. Se così fosse sarebbe tra le primissime decisioni del nuovo presidente, e non è detto che Trump voglia iniziare il suo secondo mandato all’insegna di un dietrofront nei confronti di un gigante cinese. Infine, Elon Musk potrebbe stupirci ancora. Dopo l’acquisto di Twitter, e la scommessa su Trump, ora punta a influenzare il voto nel Regno Unito appoggiando Farage, ma potrebbe comprare qualche altra azienda digitale. Del resto, poche settimane fa, il CEO di Substack, il servizio per l’invio di newsletter a pagamento, ha raccontato di aver ricevuto un’offerta da Musk, recentemente. Ci riproverà? E se fosse proprio lui a comprarsi TikTok? Lo scopriremo a breve.

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