Farsi chiamare “avvocata” e altri progressi di forma: in generale è evidente che abbiamo ottenuto poco. I femminismi sono mille e per ora non riescono a fare la grande coalizione
Arrivati quasi alla metà della metà del secolo, 2025, e in attesa dei progressi che ancora tardano, me ne sono fatta una ragione: i femminismi sono mille e per ora non riescono a fare la grande coalizione.
Femminismo su X. Femminismo su Instagram. Femminismo estremo, meno estremo. Femminismo Cobas. Femminismo ti credo sorella. Femminismo ostile. Femminismo di centro. Femminismo disposto alla trattativa. Femminismo operaio, femminismo silenzioso offline di sostegno. Femminismo solo capitalistico: dateci i soldi e il resto si sistemerà da sé. Non è chiaro da che parte è intelligente stare, se non importa perché la frammentazione sarà alla fine utile allo scopo o se – molto possibile – stiamo solo perdendo tempo.
In generale è evidente che abbiamo ottenuto poco. Versante economico: tra le 100 aziende a più alta capitalizzazione a Piazza Affari, gli AD che si chiamano Carlo sono lo stesso numero del totale dei ceo donna. Versante ludico: per la costruzione dell’immaginario al posto dei film dei Vanzina abbiamo i musicanti trap, sessistissimi, e sicuramente erano più dignitose Vacanze di Natale.
Nell’industria culturale è una desolazione che di più non si potrebbe. Si continua a ripetere Patriarcato. Patriarcato a destra, a sinistra, frutto del patriarcato, figlio del patriarcato, ancella del patriarcato. Pare il Barone Lamberto solo che qui i capelli ci cadono.
Intanto va registrata una immediata inefficacia. E’ una parola che non ha potenza dialettica, non ha corrosività. Se io dico “questo è patriarcato tossico” davanti a un abuso maschilista di potere in una riunione con la speranza di aprire il fuoco, suonerà posticcio, si metteranno tutti a ridere. Si è volgarizzato il marchio, quando sento “patriarcale” in prima serata in qualche dibattito mi viene un sospiro di pena, patriarcato è riferito a tutto e a sproposito, è come fare la guerra lanciando palline di carta, stucca, non offende, non provoca reazioni, non interessa.
I progressi in società sono stati perlopiù di forma. Sindaco sindaca. Chi dice “meglio di niente”, per altre era meglio niente.
Non abbiamo che farci, con questo femminismo grammaticale. In questi anni ho sentito tanti “avvocata” in più. Per la maggior parte beffardi. Preferivo quando mi chiamavano signorina, adesso ogni volta devo passare sotto le forche caudine della domanduccia “come vuole che la chiami, avvocato o avvocata? Sa, adesso si deve stare attenti”. Segue la risatina. Guardi, faccia come le pare.
La rivoluzione linguistica se permettete è troppo incerta, non frutta niente, non si avvicina manco lontanamente ai fatti della vita che pretende di modificare.
Un contributo femminista sarebbe pure ammettere che il patriarcato sta meglio di prima, in forma smagliante. Aprite Instagram e ditemi che modello di femmina compare. La bonazza di “Colpo Grosso”. Potete pure chiamarla libertà, ma ho il diritto anch’io di chiamarla regressione. Il patriarcato non finisce mai, mai, mai. E’ troppo furbo, è infinito, trova mille soluzioni.
Un esempio per tutti, è il più eloquente che ho sentito in tema “conseguenze del metoo”.
In mezzo a vari discorsi a cena, negli ultimi anni, un cambiamento generato dai movimenti recenti esiste. L’effetto più rilevante del movimento ideologico è il seguente.
Il protagonista è il solito bel professionista di 30-40 anni, scapolissimo e ambito, impunito gallinaro, che ora ha preso a praticare il suo sport con più cautele.
Procede a insidiare la ragazza come ai vecchi tempi: ti porto a casa mia, ci togliamo i vestiti a scopo spasso, ti riaccompagno a casa tua, non ci sentiremo più. Per timore di denunzie, lo stronzo non sparirà la mattina del giorno dopo, come negli anni 90, ma concederà un’altra giornata di tenerezze alla ragazza. Non in presenza, ma con vari messaggi di reminder, del tono “spero tu sia stata bene”, “allora, ci rivedremo?” assicurandosi risposte che rendano palese il consenso al rapporto sessuale della sera prima. Così ci si mette al sicuro, sul piano probatorio, da qualsiasi magagna.
“Di imbecilli se ne incontrano una enormità, è ovvio, ma è una imbecillità individuale, che non scalfisce la completa assenza di imbecillità degli uomini come altro sesso, come controparte, come giunta militare, come polizia segreta, come gruppo dominante con cui le trattative, o ancor meglio quello che oggi si chiama il confronto (un momento di confronto!) sono dialettiche, esaltanti e positive come con generali e ministri al processo di Catanzaro, un signore che in strada tocca il sedere, i giovani nuovi filosofi francesi che sono tanto piaciuti ai giornali italiani, bravissimi a scovare gli argomenti che non interessano a nessuno. Sino a una ventina d’anni fa gli uomini potevano essere adorabili mascalzoni, incantevoli despoti, teneri ubriaconi, bonari picchiatori, affascinanti egoisti, amabili sfruttatori, saggi repressori, onorati giustizieri, vivaci sporcaccioni, romantici impotenti, commoventi vigliacchi, appassionati stupratori, probi avari, giusti fuggitivi, irresistibili irresponsabili, delicati inetti, onesti violenti, insopportabili, simpatici stronzi.
Adesso sono mascalzoni, despoti, ubriaconi, picchiatori, egoisti, sfruttatori, repressori, giustizieri, sporcaccioni, impotenti, vigliacchi, stupratori, avari, fuggitivi, irresponsabili, inetti, violenti, insopportabili, stronzissimi. E’ cambiato il nostro modo di vederli, loro non sono cambiati: essi sono immobili, quindi invincibili”.
(N. Aspesi. “Lui! visto da Lei”)