Attualmente, la posizione complessiva dell’ad Orcel nella banca tedesca ammonta a circa il 28 per cento, di cui 9,5 per cento attraverso una partecipazione diretta e circa il 18,5 attraverso strumenti derivati. Ma le elezioni tedesche di febbraio potrebbero cambiare l’intero scenario
Altro che congelata. La campagna di Germania di Andrea Orcel va avanti e ha sempre di più il sapore di una sfida al potere finanziario e politico in un’Europa che avrebbe bisogno di banche più grandi e forti per competere con America e Cina e in cui, invece, i governi vogliono tenere gli istituti nel recinto domestico. Unicredit ha incrementato la sua partecipazione nella tedesca Commerzbank al 28 per cento, avvicinandosi alla soglia che può far scattare un’opa che sarebbe il preludio a una fusione tra le due realtà. “La banca italiana agisce ancora una volta in modo scoordinato e poco amichevole”, ha detto un portavoce del governo di Berlino replicando l’arrocco di un mese fa, quando è cominciata la scalata italiana. Eppure, nel frattempo sono successe diverse cose, la crisi del governo Scholz è precipitata fino alle elezioni anticipate di febbraio 2025, e Unicredit ha aperto il fronte italiano delle acquisizioni con un’ops su Banco Bpm, indispettendo Palazzo Chigi che aveva altri progetti con Mps.
Tutti cambiamenti che avevano suggerito l’idea che Orcel si fosse preso una pausa sul dossier tedesco. Neanche per idea. “La notizia di oggi è sorprendente – hanno commentato a Berlino – perché Unicredit aveva precedentemente sottolineato pubblicamente di non voler intraprendere ulteriori azioni prima delle elezioni federali. Gli attacchi ostili e le acquisizioni ostili non sono appropriati nel settore bancario”. Insomma, il governo dello sfiduciato Olaf Scholz ci ha tenuto a manifestare una visione critica dei piani di Orcel perché l’integrazione di due grandi banche di importanza sistemica “è sempre associata a rischi considerevoli, anche per i dipendenti, soprattutto se il processo avviene in modo non coordinato”.
A Berlino sembrano non considerare che si trova di fronte a un banchiere d’affari con una formazione internazionale e un approccio speculativo, come Orcel, pronto a cambiare il suo obiettivo di conquistare la seconda banca tedesca in quello di ottenere una ricca plusvalenza se vendesse tutta la quota in blocco ove mai le cose volgessero al peggio. E in questo continuo rimescolamento di carte, che spiazza i suoi interlocutori, sta la forza di Orcel in questa partita a poker con possibilità di un “all in”. Attualmente, la posizione complessiva di Unicredit in Commerzbank ammonta a circa il 28 per cento, di cui 9,5 per cento attraverso una partecipazione diretta e circa il 18,5 per cento attraverso strumenti derivati. Vuol dire, sostanzialmente, che quando arriverà l’autorizzazione chiesta alla Bce per raggiungere la soglia dell’opa (29,9 per cento), Gae Aulenti non dovrà affrettarsi a comprare azioni sul mercato perché potrà convertire i titoli che ha già in tasca. Questioni tecniche e tattiche.
Ma Unicredit, da un lato, afferma di credere nel valore di Commerzbank, “valore significativo che deve essere consolidato”, dall’altro dichiara che la sua posizione “rimane al momento solo un investimento” che, tra l’altro, non ha alcun impatto sull’offerta pubblica di scambio con Banco Bpm. Come per dire, che tutte le opzioni sono valide. Se tutto fila liscio, Unicredit mangia due bocconi, uno domestico e uno all’estero, e diventa uno dei primi tre o quattro gruppi bancari europei con sede in Italia. Se qualcosa va storto c’è sempre un buon investimento fatto in Germania, paese in cui Unicredit dichiara di avere “fiducia”.
Troppa ambizione? In un editoriale pubblicato ieri sera dal quotidiano finanziario tedesco Handeslblatt, dal titolo evocativo “La tattica del salame del boss di Unicredit”, riferito alla capacità di Orcel di insaccare pacchetti di azioni di Commerzbank, l’analista Michael Maisch ha osservato che l’offerta di credito in Germania non sarebbe a rischio, anche se alcuni imprenditori sono preoccupati. Inoltre: “L’accordo sarebbe positivo per gli azionisti (di Commerzbank, ndr) e rappresenterebbe un passo avanti verso un mercato bancario unificato. Sarebbe solo un rischio geopolitico. Ogni altro grande paese europeo ha almeno due grandi banche globali. La Germania ne avrebbe uno solo, e potrebbe non essere sufficiente in un mondo economico sempre più nazionalista”.
E questo è il vero punto debole della campagna tedesca di Orcel, visto che anche il probabile futuro cancelliere, il cristiano democratico Friederich Mertz, si è espresso, almeno in prima battuta, contro un eventuale deal tra Unicredit e Commerzbank. Ma le cose potrebbero anche cambiare dopo le elezioni di febbraio, quando il quadro politico si farà più chiaro. Intanto, quello che continua ad apparire come un’anomalia è l’ostilità nei confronti di Unicredit da parte del governo italiano, o di una parte di questo, per l’operazione su Banco Bpm. Se l’opposizione della banca milanese guidata da Giuseppe Castagna, che martedì sera ha invocato l’intervento della Consob per bloccare l’operazione, appare legittima nel tentativo di mantenere la propria autonomia di piccola-media banca radicata nel nord Italia, ancora non si comprende quale nervo scoperto sia stato toccato a Palazzo Chigi, che di certo coltiva l’ambizione di creare un terzo polo bancario favorendo l’unione di Bpm e Mps dove Francesco Gaetano Caltagirone ha appena aumentato la sua quota al 5 per cento.
Ma anche qui, la capacità che gli attori privati hanno di dialogare anche da fronti opposti potrebbe riservare qualche sorpresa: il Financial Times, in un articolo sullo scontro “machiavellico” tra Orcel e Caltagirone, ipotizza che i due in realtà stiano dialogando dietro le quinte.