Renzi: “Da Meloni norma contro di me perché attacco Arianna”. E la Lega è solidale con lui

“Ce l’ha con me perché le ho toccato la famiglia, cioè la sorella, per le mie interrogazioni su Ales”, dice l’ex premier. E il capogruppo del Carroccio in Senato: “E’ una legge assurda, sono contrario. Proprio non l’ho capita”

“Forse ce l’ha con me perché le ho toccato la famiglia, cioè la sorella, per le mie interrogazioni su Ales, la società del ministero della Cultura. Forse per questo io e il mio partito siamo stati gli unici a non essere stati invitati da Giorgia Meloni ad Atreju. Tuttavia non mi sono disperato, anzi quei giorni sono andato a fare una conferenza all’estero”. Sorriso guascone, mani nelle tasche. Pausa. “E poi scusate perché secondo voi la premier ha paura di un partitino del 2 per cento?”. Matteo Renzi è al centro della sala Garibaldi del Senato. Sembra in forma. Riuscire a monopolizzare uno scontro con Meloni è comunque un risultato, che si può rivendere al mercato delle opposizioni (che non lo vogliono). L’altro giorno alla presidente del Consiglio ha dedicato Alda Merini: “La miglior vendetta è la felicità”.

Ora sta qui a dire che contro di lui è stata scritta una norma “sovietica”. Anzi la chiama pure “sudamericana” la leggina che in qualche modo punta a ostacolargli la sua attività di conferenziere all’estero, non certo a titolo gratuito. Matteo Renzi nella dichiarazione dei redditi del 2023 (riferiti all’anno fiscale 2022) spicca con un reddito complessivo di 3,217 milioni di euro. Si tratta di un incremento di circa 600 mila euro rispetto all’anno precedente che rende l’ex segretario del Pd il parlamentare più facoltoso di Palazzo Madama, seguito da Giulia Bongiorno della Lega, regina del Foro. Il deputato di Italia viva Francesco Bonifazi gli consiglia di ricorrere alla Corte costituzionale in quanto si dice “orripilato” da questa legge. Il capo ci pensa. Accarezza l’idea, ma prima di prendere una decisione ha capito che c’è spazio per divertirsi. “Non è applicabile, nel merito non sta in piedi. Io rispetto la legge, ma chi la fa?”. La norma contenuta nella manovra, che è stata riformulata in commissione Bilancio, prevede il divieto di percepire compensi per incarichi da paesi extra Ue. In poche parole i parlamentari, eccetto quelli eletti all’estero, non possono accettare, durante il proprio mandato, contributi, prestazioni, controprestazioni o altre utilità erogati direttamente o indirettamente da parte di soggetti pubblici o privati, anche mediante interposizione di persona o di società o enti, non aventi sede legale e nell’Unione Europea nei paesi aderenti allo spazio economico europeo. Il pensiero corre all’Arabia Saudita.

Poi Renzi spiega che scolasticamente tutto potrebbe essere aggirato basta che a organizzare l’evento sia una società con sede legale in un paese della Ue, per esempio. Il divieto si potrà però superare in caso di una “preventiva autorizzazione” che dovrà essere rilasciata dagli organi di appartenenza in questo caso da Ignazio La Russa, presidente del Senato, la camera di appartenenza di Renzi. E solo nel caso in cui il compenso percepito non sia superiore a 100 mila euro all’anno. “In caso di inosservanza, il compenso percepito deve essere versato entro 30 giorni dall’erogazione”, prevede la legge contenuta nella Finanziaria. Renzi ha studiato e la conosce. E fa capire che insomma sarà facilmente aggirabile, volendo.

Tuttavia questa norma lo rende orgoglioso: “Berlusconi cosa direbbe? Almeno lui era un genio: faceva le leggi ad personam, non contro qualcuno: non trovate?”. La scenetta non è nuova: Renzi al centro che parla con i giornalisti a ruota libera raccomandandosi, come se fosse uno sprovveduto, che “tanto è tutto off, ragazzi”. E c’è chi lo punzecchia di qua e c’è chi lo punzecchia di là. “Giuli avrebbe devoluto a me il suo aumento di stipendio da ministro? Non lo capisco Giuli quando parla, comunque gli voglio bene come se fosse normale”.

In mezzo a questo capannello si infila Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega e neo segretario regionale del Carroccio in Lombardia: “E’ una norma assurda, sono contrario. Proprio non l’ho capita”, dice Romeo a Renzi. Che giustamente gli fa notare: “Ma voi l’avete votata in commissione e la voterete”. Sorrisi imbarazzati, ma solidarietà intatta. Poi Romeo, che ha il suo bel daffare con Matteo Salvini, scompare direzione buvette. Renzi in questa giornata parlerà tre volte: due volte in Aula e una nella sala del Senato con la stampa. Alla fine dà una notizia: l’11 gennaio compirà 50 anni e sta organizzando un evento a Firenze – “a base di ribollita” – con la stampa. “Vi darò delle notizie. Ma ho un dubbio: queste cose Meloni le fa perché con noi nel centrosinistra lei perderebbe le elezioni?”. (s.can.)

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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