La Nba Cup è il segnale al basket di Giannis Antetokounmpo

Milwaukee vince la seconda edizione del torneo trascinata dal suo leader, quando ormai era data per sfavorita: da corazzata si è riscoperta outsider, riscattando le delusioni dell’ultimo triennio. E il greco, a 30 anni appena compiuti, è tornato a dominare

Riscossa e orgoglio. Squadra e giocatore. La Nba Cup finisce nelle salde manone dei Milwaukee Bucks a trazione Giannis Antetokounmpo. Oklahoma regge un tempo, poi cede di schianto e s’inchina: il tabellone dice 97-81, ma soprattutto 26 punti, 19 rimbalzi e 10 assist per il greco. Una tripla doppia da antologia, a concludere un torneo da oltre 30 punti di media. È la risposta nel momento decisivo, quando ormai si stava perfino smettendo di trattare Milwaukee da favorita. Questione di fatti, d’altronde: dopo l’anello del 2021, sono seguite tre deludenti eliminazioni ai playoff senza mai raggiungere una finale di Conference, cambiando tre allenatori soltanto negli ultimi dodici mesi. Nel frattempo Giannis ha dovuto fare i conti con diversi infortuni di peso. Ha centrato un’agognata qualificazione alle Olimpiadi con la sua Nazionale, senza però lasciare il segno. Non ha più vinto alcun premio individuale o di squadra. Ha compiuto 30 anni pochi giorni prima dell’inizio di questa Nba Cup. Qualcuno è arrivato a pensare che non fosse più il dominatore di un tempo. Sono bastate tre notti a Las Vegas per zittire le voci. E centrare di nuovo il jackpot.

Non era un cammino scontato, per questi Bucks. Ai quarti hanno regolato Orlando, una delle migliori difese della lega. In semifinale la sorpresa Atlanta. All’ultimo atto i Thunder, miglior compagine della durissima lotta a Ovest e offensivamente micidiale. Sembrava la volta di Shai Gilgeous-Alexander, pronto ad alzare il primo trofeo della storia della franchigia. Oklahoma invece dovrà ancora aspettare. Annichilita: gli 81 punti a referto in questa finale sono di gran lunga il suo minimo stagionale. Con appena 5 su 32 da oltre l’arco. Milwaukee ha prevalso anche grazie a una prova altamente corale, di costante applicazione in fase di non possesso. “La nostra arma segreta”, dice coach Doc Rivers, pure al centro delle critiche prima di ieri, “è stata Darvin Ham: sempre imbattuto in Nba Cup. Ci ha portato una mentalità vincente”. Il riferimento è al suo primo assistente, l’anno scorso allenatore dei Lakers che si aggiudicarono la prima edizione del torneo. In totale, sulla panchina delle due formazioni, 14 gare senza sconfitte – contando anche quelle di qualificazione. Un talismano per questi Bucks. Mentre sul parquet l’asse Lillard-Antetokounmpo finalmente ha funzionato a meraviglia – oltre il 50 per cento dei punti di squadra.

Dame è stato un ottimo sparring partner. Giannis la stella tornata a brillare. Alla sua altruista maniera. “Avevo promesso a Liam Robbins che avremmo alzato questo trofeo: sono contento che potrà finalmente comprarsi una casa”. La dedica è per un compagno fuori dalle rotazioni, relegato in tribuna, cui comunque andranno i 500mila euro di premio-vittoria previsto per ciascun giocatore. “Questa cifra non mi cambia la vita – continua il numero 34 – ma ho vissuto sulla mia pelle che può cambiare quella di tante persone”. È stato un uomo in missione, per tutti coloro attorno a lui. Compresi gli addetti ai lavori della Nba Cup: un’intuizione di successo, una competizione che piace e un format che inietta adrenalina improvvisa all’estenuante regular season altrimenti intrisa di sbadigli. Fino a regalare nuove storie di basket. Come quella di questi Bucks: la loro sembrava un’annata da incubo – 8 ko nelle prime 10 partite –, potrebbe rivelarsi invece quella della redenzione – 12 successi nelle successive 15. Un pezzo di favola è già in bacheca, firmato Antetokounmpo.

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