Niente più tango a Parigi. Dopo la censura di stato, il politicamente corretto

Cancellata la proiezione di Bertolucci e deporgrammato un film sulla conversione di un musulmano al cattolicesimo. La Cinémathèque française sotto il diktat dei mullah iraniani

“L’arte e gli artisti tornano liberi”, annunciava tre anni fa il ministro della Cultura Dario Franceschini, dopo che in Italia fu tolta la censura cinematografica di stato. Salva la scena del burro di “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci. Ma la censura di stato era diventata inutile: ora c’è la censura politicamente corretta. Niente più “Ultimo tango a Parigi”, a Parigi. La Cinémathèque française ha cancellato la proiezione del film di Bertolucci prevista nell’ambito di una retrospettiva dedicata a Marlon Brando. “Allo scopo di calmare gli animi e considerati i rischi per la sicurezza, la Cinémathèque annulla la proiezione”, ha annunciato l’istituzione. “La sicurezza del pubblico e del personale viene prima di ogni altra considerazione”. Una settimana prima della proiezione, la giornalista Chloé Thibaud aveva scritto: “Questo film ha un solo odore: cultura dello stupro”. Aveva chiesto che ci fosse “una contestualizzazione dell’opera che spieghi la violenza sessuale subita da Maria Schneider durante le riprese”. Il programmatore della cineteca, Jean-François Rauger (collaboratore del Monde), ha risposto che “sarebbe impensabile e assurdo non proiettare il film”.



Ma tutto è ripensabile, nell’era del MeToo e della cancel culture. “L’apostolo”, il film di Cheyenne Carron, è stato deprogrammato “per prevenire il rischio di attacchi” su richiesta della Direction générale de la sécurité intérieure. Perché racconta la conversione di un musulmano al cattolicesimo. Sandrine Rousseau, deputata ecofemminista e presidente della Commissione d’inchiesta sulla Violenza sessista nel cinema, ha convocato i dirigenti della Cinémathèque, parlando di “scelta delirante” di proiettare “Ultimo tango a Parigi”. Bertolucci, cantore della rivoluzione sessuale del Sessantotto e oltre, oggi è cancellato in nome del neomoralismo. La sua inquisitrice, Rousseau, ha qualche problema col femminismo. E’ stata fischiata alla manifestazione a sostegno delle donne iraniane a Parigi. Aveva scritto: “Il nostro corpo e tutto ciò che indossiamo (o meno) ci appartiene”. Il diktat dei mullah iraniani come il laicismo francese. Ma qualche problema sembra averlo in generale il femminismo.



Questa settimana, sempre a Parigi, la femminista e saggista Marguerite Stern è stata denunciata da SOS-Racisme per aver segnalato la sovrarappresentazione degli uomini di origine africana tra gli aggressori di donne. “E’ una questione di natura? Possiamo porci la domanda, ma non ho la risposta”. Stern “non rimpiange nulla” di quello che ha detto. Solo, forse, che “a sinistra non c’è nessuno a difendermi”. Da burro e tango a burqa e taharrush.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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