Nel codice della strada la velocità è di destra, il monopattino di sinistra

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Dunque risolveremo ogni problema sulle strade dichiarando guerra ai monopattini?

Luca Marini

Sintesi del nuovo codice della strada: la velocità è di destra, il monopattino è di sinistra. La velocità (insieme con la guida distratta e il non rispetto della precedenza) provoca il 36,5 per cento degli incidenti. Monopattini e bici elettriche il 2 per cento. Su cosa ci si è concentrati? Su tutto, tranne che sulla velocità. Tante multe a chi va senza casco in monopattino e nuovi limiti introdotti per la creazione di nuove zone a traffico limitato, nuovi paletti per l’installazione e l’utilizzo degli autovelox. Da una parte c’è il codice della realtà, dall’altra il codice delle ideologie: indovinate chi ha vinto?


Al direttore – Non è poi risultata così favorevole alla premier Giorgia Meloni, come invece si sosteneva sul Foglio partendo dall’ipotesi del superamento del referendum che le avrebbe evitato una competizione comunque rischiosa, la sentenza della Corte costituzionale sull’autonomia regionale differenziata. E’ pur vero che bisogna attendere la decisione che la Consulta stessa assumerà sull’ammissibilità del referendum per l’abrogazione totale della legge che per ora ha superato il vaglio della Cassazione, per i fini della sua competenza. Se la Corte costituzionale riterrà ammissibile la prova referendaria, come sembrerebbe possibile perché diversamente significherebbe che essa giudica totalmente superata dalla sua pronuncia tutta intera la legge, le stime di costi e benefici appaiono distribuite tra i partiti con riferimento alle ipotesi di successo o insuccesso. E’ singolare però bearsi, come fa qualche esponente della Lega, perché con la decisione della Cassazione si ritiene implicitamente che comunque la legge esiste e non è stata dichiarata illegittima dalla Consulta. In effetti, la bocciatura non è stata totale; restano parti che forse potrebbero ammettere il referendum, ma da sole non sarebbero idonee a realizzare il completo (anche se, a parer mio, improvvido) progetto di autonomia regionale.

Angelo De Mattia


Al direttore – Nel finale del 2024, nell’area delle forze di opposizione al governo, proliferano i nomi di supposti leader che vorrebbero federare chi il centrosinistra intero, chi l’ex Terzo polo, chi solo i centristi laici o soltanto quelli cattolici, chi tutti i moderati collocati a cavallo tra sinistra e destra: un rompicapo, al quale gli italiani non mostrano di interessarsi. Alcuni nomi dei presunti federatori sono noti da tempo all’opinione pubblica, quali Renzi, Calenda, Marattin; altri sono di più recente congettura, come Ruffini, Sala, Gabrielli. E’ possibile mai che non si riesca a rovesciare il metodo per federare i moderati, gruppi politici e singoli, partendo da alcune scelte di contenuto e programmatiche, strategiche e discriminanti? Per giungere poi alla formazione di un’alleanza coalizionale di governo credibile e alternativa all’attuale centrodestra? Un esempio è la guerra. Non è il caso, forse, di interrogarsi su cosa voglia dire l’affermazione del segretario della Nato, Mark Rutte, che parla di un necessario passaggio a una “mentalità di guerra” (concordo) per prevenire un possibile conflitto sul territorio della Nato? O di riflettere sulla dichiarazione del capo di stato maggiore dell’esercito italiano, che fa appello alla politica a prepararsi a una plausibile guerra in Europa aumentando la spesa per la Difesa (concordo)? La Polonia spende il 4,6 per cento del pil per le Forze armate, mentre l’Italia non raggiunge nemmeno il 2 per cento richiesto dalla Nato. Le risposte a questi interrogativi – e ad altri analoghi – sono cruciali per federare forze politiche e diventarne leader.

Alberto Bianchi


Al direttore – A parte la contrarietà alla Giornata delle vittime degli errori giudiziari, posizione incomprensibile, solo negli ultimi mesi abbiamo assistito a quanto segue: l’Associazione nazionale magistrati contro la separazione delle carriere; poi contro il limite alla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare; quindi contro la stretta sulle intercettazioni. E ancora. L’Anm contro l’abolizione dell’abuso d’ufficio; contro la riforma del Csm; contro i test psicoattitudinali. E naturalmente, prima ancora, anche contro il fascicolo personale delle performance del magistrato. Ma sia chiaro, nessuno osi pensare che il sindacato delle toghe sia pregiudizialmente ostile a ogni riforma della giustizia.

Luca Rocca

Il tutto sempre e coraggiosamente in nome della terzietà, dell’indipendenza e della neutralità-tà-tà.

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