Le gran trollate di Mattarella ai populisti

Armi per Kyiv, sovranismo tossico in Europa sui migranti (non in Italia). Il capo dello stato inizia un ciclo di incontri e ricorda come la complessità, quando si parla di libertà, è sempre nemica della serietà. Leccarsi i baffi

Trollate anti sovraniste in nome del sovranismo: niente male, no? Ieri mattina, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha preso la rincorsa e ha iniziato il suo personalissimo tour de force comunicativo che lo condurrà al discorso di fine anno. Prima tappa, la conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia. Seconda tappa, oggi, gli auguri alle alte cariche dello stato. Terza tappa, giovedì, discorso al Comando operativo del vertice interforze. Quarta tappa, venerdì, collegamento con i contingenti all’estero. Infine, il 31 dicembre, l’atteso punto di fine anno. Le parole del capo dello stato, di solito, fanno notizia quando sottolineano princìpi di buon senso che cozzano con frasi senza senso o di cattivo gusto pronunciate da qualche ottuso protagonista della vita politica. E almeno nella dialettica, i paletti fissati dal presidente della Repubblica hanno tendenzialmente come obiettivo non quello di attaccare qualcuno ma di difendere qualcosa.

Negli ultimi mesi, Mattarella ha messo al centro della sua agenda istituzionale un tema interessante destinato a far capolino nei suoi prossimi discorsi e quel tema potremmo provare a sintetizzarlo così: la difesa dell’interesse nazionale deve essere svincolata dalla volontà di seguire le mode politiche del momento e nel caso specifico dell’Italia il modo migliore per difendere la nostra sovranità è quello di non abbassare la guardia di fronte ai sovranismi internazionali e di fronte a coloro che potrebbero rappresentare una minaccia per il nostro benessere e per la nostra libertà. E’ probabile che nei prossimi discorsi del capo dello stato vi siano ulteriori tentativi di fissare i paletti del buon senso mostrando la pericolosità che rappresentano per l’Italia i vari populismi che esistono in giro per il mondo, non ultimo quello economico che in nome del protezionismo americano potrebbe creare danni ingenti alle esportazioni del nostro paese. Ma nell’attesa di capire la direzione dei prossimi discorsi del presidente ci si può rallegrare nel vedere come il capo dello stato di fronte al tema dei temi abbia scelto ancora una volta di non avallare alcuna forma di ambiguità sulla questione più importante che riguarda l’Europa del futuro.



In quattro parole: la difesa dell’Ucraina. Anche ieri, Sergio Mattarella, come fa ormai ininterrottamente da tre anni, ha scelto di sfidare il pensiero unico pacifista, pensiero drammaticamente trasversale, fissando le coordinate del buon senso attorno al tema del sostegno all’Ucraina e della ricerca della pace giusta. Mattarella ha detto che l’Italia “continuerà a lavorare affinché siano rispettati parametri essenziali, quali il rispetto del diritto internazionale; l’integrità territoriale ucraina; il principio della sicurezza nucleare; il rilascio dei prigionieri di guerra; la restituzione alle famiglie dei bambini ucraini rapiti e condotti in Russia; l’accesso sicuro ai porti del Mar Nero e del Mar d’Azov, anche a beneficio della sicurezza alimentare al livello globale”. Ha ricordato che “la prospettiva europea è quella che gli ucraini hanno scelto e su di essa sanno di poter contare sull’appoggio dell’Italia”. Ha spiegato che il conflitto che si combatte in Ucraina non riguarda solo i confini di una democrazia aggredita, non è cioè un conflitto regionale, ma riguarda i confini delle democrazie liberali e per questo “la pace richiede il contributo di tutti, in particolare delle potenze globali, perché globali sono le loro responsabilità e globali sono le conseguenze dell’aggressione alla legalità internazionale compiuto dalla Federazione russa”. E nonostante la fatica della guerra, nonostante il fatto che la guerra in Ucraina stia per entrare nel suo terzo anno, i punti chiari devono essere ben fissati sul terreno di gioco.

Primo: “In oltre mille giorni di conflitto la Federazione russa ha fatto continuo ricorso a strumenti di morte contro la popolazione civile ucraina e le infrastrutture civili del paese”. Secondo: “L’Ucraina potrà contare sul nostro convinto sostegno militare, economico, diplomatico e umanitario, oltre che sulle garanzie che sono state inserite nell’accordo bilaterale con Kyiv”. Economico, diplomatico, umanitario e militare. Il linguaggio di Mattarella è interessante da studiare perché quando indica le coordinate non negoziabili per difendere l’interesse nazionale il presidente della Repubblica non usa un linguaggio ambiguo, fatto di se, di ma, di però, di forse, di tuttavia, ma usa il linguaggio della chiarezza, della semplicità, come a voler dimostrare che su alcuni temi, i temi che riguardano la difesa della nostra libertà, la complessità è semplicemente nemica della serietà. Accanto al tema dell’Ucraina, poi, il presidente della Repubblica ha offerto ieri uno spunto di riflessione ulteriore, un’altra trollata al pensiero sovranista, sul tema dell’immigrazione. E in un passaggio del discorso offerto agli ambasciatori si è rivolto ai sovranisti. E ancora una volta il capo dello stato ha ricordato alla politica che il modo peggiore di gestire le emergenze che riguardano l’immigrazione è quello di buttarsi sul nazionalismo.

Mattarella non ha fatto riferimento diretto alle polemiche italiane ma ha fatto riferimento ad alcune problematiche europee e ragionando sulle scorciatoie sovraniste assunte da alcuni stati, come la Germania, come la Slovenia, che per governare l’immigrazione hanno scelto di violare patti europei, come Schengen, ha utilizzato queste parole: “Gli stessi drammi migratori sono talvolta oggetto di gestioni strumentali da parte di alcuni stati, per trasformarli in minaccia nei confronti dei vicini, in palese violazione di convenzioni internazionali liberamente sottoscritte”. Chiaro, no? Mattarella, come faranno notare oggi i giornali più maliziosi, ha parlato anche del “diritto d’asilo” come diritto inviolabile “per lo straniero cui venga impedito nel suo paese l’esercizio delle libertà democratiche, ripudio della guerra, perseguimento di pace e giustizia tra le nazioni anche attraverso limitazioni alla sovranità, in condizioni di parità con gli altri stati”.

Ma il capo dello stato non ha parlato di un diritto d’asilo per tutti, non ha detto che chiunque faccia richiesta d’asilo abbia il diritto ad avere l’asilo e in fondo è stato lo stesso Mattarella pochi mesi fa a settembre ad aver spiegato con parole chiare perché la politica dell’accoglienza indiscriminata è un problema per uno stato sovrano (“Noi risolveremo il problema quando saremo stati capaci di organizzare (…) ingressi regolari per il bisogno di manodopera che ha l’Europa. Ma regolari. Autorizzati. Togliendo chi desidera di migrare dalle mani dei trafficanti di esseri umani. Quando riusciremo a far questa sostituzione avremo risolto il problema”). Anche in questo caso il messaggio, per chi lo vuole cogliere, è lineare: per tutelare la nostra sovranità occorre combattere i populismi di destra e di sinistra ricordandoci che il pensiero complesso non aiuta a definire le giuste coordinate per difendere la nostra libertà. Trollate anti sovraniste in nome del sovranismo europeo: niente male, no?

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  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

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