Sul gradimento del direttore uscente dell’Agenzia delle entrate non ci sono dati. Antonio Noto: “Difficile possa fare il leader di un partito”. Gigliuto: “Un profilo da tassatore? A sinistra sarebbe apprezzato”
Ruffini chi? I giornali lo descrivono come il prossimo leader del centro, in grado di appianare le aspre liti tra Renzi e Calenda. O di federare il cosiddetto campo largo, superando le gelosie di Schlein e Conte. Ma la realtà è che ad oggi a un elettorato potenziale non è possibile nemmeno porre il quesito se voterebbero o meno chi è stato a capo dell’Agenzia che riscuote le tasse degli italiani. Questo perché, nella stragrande maggioranza dei casi, gli italiani non sanno nemmeno che il direttore dell’Agenzia è stato Ruffini, per oltre 4 anni, quasi dieci se si considera Equitalia, fino alle dimissioni date l’altro ieri smentendo pubblicamente di voler “scendere in campo”. Come racconta al Foglio Antonio Noto, “se chiediamo chi è il direttore dell’Agenzia delle entrate, nessuno risponde con un nome preciso. Questo perché Ruffini non è conosciuto. E’ la ragione per cui l’accusa che gli potrebbe arrivare dall’altro lato del campo politico, di essere un tassatore, regge fino a un certo punto. Fatto sta che a noi di sondaggi su di lui ancora non ce ne hanno commissionati”.
Negli editoriali, in alcuni retroscena, il nome di Ernesto Maria Ruffini è emerso come il possibile profilo adatto a costruire un’altra gamba all’interno della coalizione di centrosinistra. Eppure non si capisce bene su cosa si fondi questa considerazione. “Noi il suo nome non l’abbiamo ancora testato. Per questo è difficile anche solo capire quanto sia conosciuto all’interno del paese e quindi dell’elettorato”, dice Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research. Un po’ quello che racconta al Foglio anche Livio Gigliuto, fondatore dell’Istituto Piepoli. “Ancora non abbiamo dei dati precisi su di lui, ma nei prossimi giorni inizierà a emergere qualcosa di più definito. Eppure, in linea di principio, io credo che Ruffini possa sommare due caratteristiche che in questo momento servono al centrosinistra. C’è bisogno di un nuovo soggetto di centro che renda la coalizione non troppo sbilanciata a sinistra. E poi per quel che riguarda il soggetto centrista, serve una leadership nuova, qualcosa di diverso rispetto a figure già conosciute come Matteo Renzi e Carlo Calenda. Certo, che tipo di consenso personale possa arrivare a ottenere Ruffini questo è tutto da vedere. Così come tutto da vedere resta il discorso sulla leadership della coalizione. Ruffini potrebbe davvero ambire a fare il candidato premier?”.
Nell’incertezza, insomma, di dare un reale peso in termini di voti, di consenso, alla possibile discesa in campo di Ruffini, ci si può affidare solo a considerazioni di copertura elettorale. “Molto dipenderà, nel caso, dal tipo di costruzione del personaggio, che ovviamente essendo poco conosciuto, qualora decidesse davvero di impegnarsi in politica, andrà fatto conoscere. Non solo da chi non l’ha mai sentito prima. Ma anche da chi lo conosceva solo come direttore dell’Agenzia delle entrate”, analizza ancora Gigliuto. Che a proposito dell’identikit di tassatore subito rilanciato dai giornali di destra ritiene non debba per forza essere un grosso problema. “Un profilo come ex direttore dell’Agenzia dell’entrate, se vogliamo, è un qualcosa che può piacere ad almeno altri due corni del campo largo. Sicuramente al Pd. Ma anche al Movimento cinque stelle, per l’aderenza ai temi della legalità. Mentre a destra già sanno che probabilmente non voterebbero per lui”.
“Al di là della caratura del personaggio, qualsiasi candidatura ha bisogno di uno storytelling. A me la cosa che sembra poco chiara è se Ruffini possa diventare il leader di un nuovo soggetto unitario di centro o se possa ambire a guida tutto il centrosinistra”, dice Noto. “Questo per gli elettori è importante perché continuare a ventilare nuovi candidati per quest’area, prima il sindaco di Milano Beppe Sala, ora Ruffini, rischia di ingenerare una grande confusione. Che poi evidentemente non ti premia, anche se la persona, come in questo caso, è di valore”. Come riconosce ancora Noto, “mentre il centrodestra tende ad avere come candidato premier il leader del partito più votato, a sinistra c’è una tradizione di leader terzi. Per cui a mio avviso Ruffini sarebbe molto più spendibile da questo punto di vista che non come leader di partito, a maggior ragione visto che non ha alle spalle alcuna esperienza politica”. Uno degli ultimi esempi di tecnici che hanno deciso di buttarsi nell’agone elettorale è stato quello (non fortunatissimo) di Mario Monti con Scelta Civiva. Che comunque sfiorò il 10 per cento con l’ex premier che spese quella notorietà garantitagli negli anni a Palazzo Chigi. Chissà che alla fine, insomma, dalla prossima settimana non si possa davvero capire, al di là dei retroscena, se gli italiani sono in grado di risolvere l’interrogativo: Ruffini chi?