Il presidente eletto ha annunciato che la cinquantacinquenne Kari Lake, sua fedelissima e fan del fake news, sarà la prossima direttrice di Voice of America, radiotelevisione del governo federale finanziata dal Congresso
Donald Trump è sempre stato ossessionato dalla vittoria. Per lui, i perdenti, i looser, sono da tener lontani. Anche per questo non ha mai accettato di aver perso contro Joe Biden nel 2020 (“Se vincono loro è perché barano”, diceva prima del 5 novembre). Strano quindi che scelga un’eterna perdente come Kari Lake da sistemare in una posizione non certo centrale nel governo, ma con un discreto potere nel mondo dell’informazione internazionale. Il presidente eletto ha infatti annunciato che la cinquantacinquenne fedelissima Lake sarà la prossima direttrice di Voice of America, radiotelevisione del governo federale finanziata dal Congresso, storica voce di notizie indipendenti che Trump aveva già minacciato di trasformare in un suo megafono di propaganda al primo mandato, grazie all’aiuto di un uomo di Steve Bannon, stratega dell’alt right. Voice of America ha intorno un sistema di controllo che fino a ora ha permesso di renderla indipendente dalle interferenze di Capitol Hill e della Casa Bianca nel riportare notizie: è considerato un rispettato strumento di soft power all’estero, per via della sua reputazione e della sua autonomia.
Con una fan delle fake news alla guida come Lake, potrebbe cambiare ogni sua identità – un classico di questa futura amministrazione, dove praticamente in ogni dipartimento ci sarà a capo qualcuno che in passato ha dichiarato di voler chiudere quello stesso dipartimento. Se non altro Lake, a differenza di molti altri nominati in posizioni chiave, ha esperienza nel settore, essendo stata per trent’anni giornalista televisiva a Phoenix, prima di darsi alla disinformazione sul Covid-19 e finendo per chiamare “mostri” i giornalisti. “Se sarò eletta governatrice”, aveva detto, “sarò il peggior incubo dei giornalisti”. “Togliamo fondi alla stampa!”, urlava ai comizi.
Camaleontica provocatrice – è stata per un periodo sostenitrice di Barack Obama, dice, per via della guerra in Afghanistan – attivissima complottista sul voto del 2020, Lake ha provato a diventare governatrice dell’Arizona, perdendo contro la democratica Katie Hobbs. Per un po’, come il suo padrino Trump, ha provato a non concedere la vittoria a Hobbs, facendo della big lie la sua battaglia identitaria. Due anni dopo si è candidata per il posto di senatrice del suo stato, ma anche qui, mentre distruggeva il Partito repubblicano locale trumpizzandolo sempre più, è stata battuta dal democratico Ruben Gallego. Ora potrebbe perdere in realtà anche questo lavoro a Voice of America, per cui non servono voti. Solitamente non è il presidente a nominarne il direttore, e soltanto pochi mesi fa ha cominciato il suo mandato Michael Abramowitz. Rispondendo alla domanda dell’esperto di media della Cnn Brian Stelter “può davvero Kari Lake prendere il comando di Voice of America”, l’ex deputato obamiano Tom Malinowski ha risposto su X che, dopo che Trump aveva provato a fare una purga dentro Voice of America nel 2016, il Congresso ha fatto passare una legge che richiede all’International Broadcasting Advisory Board – agenzia governativa che presiede Voice of America – di approvare sia i licenziamenti sia le assunzioni. E il board è formato da membri che devono essere approvati dal Senato (il suo presidente è stato scelto da Biden e ha ancora due anni di mandato). Quindi il processo di spoil system e di sistemazione delle soldatesse devote potrebbe essere più complicato con Voice of America di quanto non lo sia con i dipartimenti federali, facendo perdere Lake anche quando non deve sfidare nessuno alle urne.
Il processo trumpiano di cambio dei vertici che fa storcere più di un sopracciglio – quello dell’Fbi, per esempio, non era necessario, il mandato dell’attuale direttore scadeva tra tre anni – sta continuando. Un suo avvocato andrà forse a fare l’ambasciatore in Colombia. Il dottor Peter Lamelas, generoso donatore, in Argentina. E la forse ex fidanzata del figlio Donald Jr., Kimberly Guilfoyle, è stata proposta ad Atene. Secondo i tabloid la scelta di mandare la quasi nuora in Grecia è un modo per allontanarla da Don Jr, che la vorrebbe lasciare e avrebbe già una storia con una socialite millennial di Palm Beach. L’Amministrazione trumpiana, liberatasi ormai quasi del tutto dell’establishment conservatore, sembra esser formata da un misto di avvocati personali, di miliardari donatori, di volti della Fox, di devotissime fan, di consiglieri dell’alt right e di qualche membro del clan Trump.