Un modello di finanziamento per alleggerire il bilancio dello stato e il debito pubblico di una parte del costo degli investimenti Fs. Donnarumma sogna l’intervento di Cdp, ma fra gli obiettivi c’è “riportare in orario 50mila treni l’anno”
Stefano Antonio Donnarumma ha svelato solo al termine dei 45 minuti di presentazione del piano strategico Fs 2025-2029 i dettagli del “modello Terna” o “modello Rab” che non è una privatizzazione – ha spiegato – ma un modo per alleggerire il bilancio statale di una parte del costo degli investimenti Fs. Per il resto il modello è esattamente quello raccontato dal Foglio il 15 novembre scorso: scissione in due della rete ferroviaria con lo stralcio in una nuova società di asset per circa 8 miliardi relativi alle linee dell’Alta velocità; controllo di questa nuova società da parte di Rfi e partecipazione di investitori “che non abbiamo ancora identificato” ma che dovrebbero essere investitori istituzionali. “La scissione non va a finire a gara – ha spiegato ancora Donnarumma – ma conserva le caratteristiche della concessione perché sta sotto a Rfi. L’adozione del sistema Rab consente la finanziabilità, si tratta di determinare con quale flusso di denaro alimentare questi investimenti”, ha detto ancora Donnarumma.
“Si può fare in modi diversi – ha aggiunto – e quello che desidererei di più è questo: abbiamo uno strumento dello stato che si chiama Cdp, che ne ha a sua volta finanziato un altro che si chiama F2i, che è una sgr. Grazie a questo modello di finanziamento esce dal bilancio dello stato, quindi ciò che viene finanziato con questo percorso non va nel debito pubblico”.
Ma il discorso dell’amministratore delegato di Fs era stato molto interessante anche prima di arrivare al “modello Rab” e ben oltre l’annuncio di un piano di investimenti per 100 miliardi nel quinquennio 2025-2029. Anzitutto, perché aveva ammesso per la prima volta i rischi – anzi, la quasi certezza – di non poter rispettare la scadenza del giugno 2026 per alcune delle grandi opere Pnrr, Terzo valico in testa, per i problemi “dell’ultimo miglio”, ma anche il tentativo enunciato a mezza bocca di tentare una qualche distinzione tra “funzionale” e “costruttivo“ che sia capace di legittimare, agli occhi della commissione Ue, il pagamento comunque delle rate del Piano. Fino a spingersi all’ammissione che – con un piano di 100 miliardi di cui solo 14 Pnrr – non sarebbe un dramma dover fare a meno dei finanziamenti Pnrr (che comunque l’ad di Fs, se potesse tornare indietro, riscriverebbe in modo molto diverso).
Altra notizia di giornata: non subito ma in prospettiva l’Anas uscirà del gruppo perché “non diventerà mai un’azienda ferroviaria”. Sul punto, come su tutto il resto, forte sintonia con il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Salvini.
Tornando al piano strategico, prevede un incremento dei ricavi per il gruppo a oltre 20 miliardi di euro al 2029, l’Ebitda a più di 3,5 miliardi di euro e un risultato netto a oltre 500 milioni. “Il gruppo FS si prepara ad avviare una fase di trasformazione ambiziosa – ha detto Donnarumma – mirata non solo a innovare i processi operativi, ma anche a migliorare sensibilmente i servizi offerti”. Le Fs sono “un’azienda solida e radicata nel tessuto socioeconomico del Paese con un forte bisogno di rilancio attraverso una roadmap di dettaglio, supportata da adeguati investimenti”. La sicurezza del lavoro “è nel suo dna”. La nuova organizzazione punta, inoltre, a rafforzare il ruolo internazionale del gruppo, “per posizionarlo come leader nel settore della mobilità”.
Tra gli obiettivi del piano di Fs c’è quello di “riportare in orario 50mila treni l’anno” mentre “sarà necessario aprire nuove linee ferroviarie Av che permettano di collegare territori finora non serviti, così da aumentare del 30 per cento le persone raggiunte dall’Av”.