L’ex ministro Cesare Damiano: “Su Stellantis anche la sinistra ha preferito gli slogan. Manca visione”

Il già titolare del Lavoro ed ex parlamentare del Pd sulla crisi del’automotive e sull’atteggiamento della sinistra: “Prevale la tendenza a prendere decisioni solo sull’immediato. E invece ci sarebbe bisogno di elaborare politiche industriali”

L’ex segretario della Cgil Sergio Cofferati ci aveva detto che “su Stellantis anche la sinistra ha delle colpe”. E lui, che di Cofferati si definisce amico, in questo colloquio col Foglio fa emergere molti punti di condivisione. “Anche la sinistra, come tutti i partiti, gli stakeholders, manca di visione, di capacità di leggere gli eventi”, dice Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro ed ex parlamentare del Pd. “Manca una capacità di elaborare politiche industriali. Siamo di fronte a una grande mancanza di approfondimento. C’è un evidente deficit di comprensione della realtà”. Che forse, e lo aveva sostenuto anche l’ex sindaco di Bologna, ha fatto dimenticare al Pd che di automotive ci si sarebbe dovuti occupare per tempo. “Io credo che la capacità di approfondire sia venuta meno”, analizza Damiano. “Prevale oggi, sempre più, la tendenza a regolare le proprie scelte sull’immediato, sugli umori e sui sondaggi, utilizzando degli slogan. Quello che vediamo è una battaglia di bandiere piuttosto che uno scontro sui contenuti. E la battaglia certo va combattuta, ma non va abbandonata una capacità di elaborazione delle tendenze in atto”. Tanto più nel settore dell’auto dove, riconosce ancora l’ex ministro, la crisi si poteva predire da tempo. “Non voglio tornare agli anni 70, quando facevo il sindacalista della Fiom a Torino, l’azienda aveva oltre 100 mila dipendenti e si diceva che un raffreddore per la Fiat fosse il sintomo di un’influenza per l’Italia. Alla fine di quel decennio è cominciato il declino. Non si tratta di crogiolarsi in quel passato di ricordi, ma di riconoscere che le scelte di Tavares avevano come fondamento la delocalizzazione delle attività dall’Italia”.

Eppure il governo, soprattutto il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, sembra essersi fidato di quelle promesse e di quelle stime di produzione poi risultate totalmente infondate. “Quei tavoli non hanno affrontato la situazione come si sarebbe dovuto: di sole promesse non si campa. Erano la semplice ratifica di quel che andava raccontando Tavares. Ovvero qualcosa che si è rivelato essere delle semplici affabulazioni”, riconosce Damiano. Ieri l’azienda è tornata a incontrare i sindacati, senza grosse novità. “Quel che è mancato è una visione chiara di politiche industriali in settori strategici, settori che guardano per esempio non solo all’automotive ma anche alla siderurgia. Perché politica industriale vuol dire quali stabilimenti si lasciano aperti e per produrre cosa. Tutto il resto è aria fritta”. Secondo Damiano, peraltro, la regia sarebbe dovuta essere europea, “perché marciando ognuno per se, si è tutti più deboli”. E però adesso, come si esce da una situazione così intricata? “Io non voglio tornare allo statalismo, al panettone di stato. Dico solo che però un indirizzo da parte dello stato ci vuole, soprattutto per quel che riguarda la ricerca e lo sviluppo delle nuove tecnologie. Ci vuole un ragionamento più a tutto tondo che guardi, a livello europeo, anche al settore dell’acciaio. E che intrecci la grande discussione sulla transizione ecologica. Un obiettivo che personalmente credo si debba mantenere ma adattandolo alla capacità di resistenza delle imprese. Altrimenti dovremo far fronte a decine di migliaia di lavoratori che perderanno il loro lavoro da qui ai prossimi anni”.

A proposito di impreparazione, Damiano dice che “il governo si è fermato all’osanna dei buoni numeri dell’occupazione. Ma non si è curato di vedere com’è che si sta sviluppando questa nuova occupazione”. Mancanze che però, per l’appunto, si riconoscono anche al proprio campo. Per esempio sul grande tema dell’intelligenza artificiale “in cui anche a sinistra ci sono delle lacune spaventose. Sono temi che rappresentano un vero tsunami culturali e che richiederebbero di essere affrontate da leadership forti. Ahime, io queste leadership forti non le vedo”. Forse che, nel nostro paese, il disinteresse a sinistra è stato favorito anche dal fatto che la famiglia Elkann sia nel frattempo diventata proprietaria di due grandi giornali come Repubblica e Stampa? “Non so se l’acquisto di questo giornali è stato un cortocircuito, ma so che ha risposto al grande interesse di spostare sempre di più l’attenzione dalle dinamiche industriali alle dinamiche finanziarie”, dice ancora Damiano. “Mi pare che la gestione Tavares fosse molto congeniale a questo tipo di spostamento”. Che evidentemente anche il Pd di Elly Schlein non ha “visto arrivare” per tempo.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.

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