Due giorni in casa da sola: nessuno potrà dirmi che non ho il diritto di buttare la spillatrice di birra rotta da cinque anni, nessuno potrà vietarmi di lanciare dentro il sacco tutti i calzini bucati e le tazze di Frozen. Condivido i miei piani segreti e anche i guanti da giardino
Poiché ho notato nei lettori una viva curiosità mista a speranza per la ruspa con cui sogno di entrare in camera dei miei figli per distruggere tutto e buttare via tutto, poiché sono stata fermata per strada da sconosciuti con la richiesta di andare con questa ruspa anche a casa loro in cambio di denaro e a qualunque ora, e poiché sono stata a Monaco di Baviera, dove mi hanno chiesto con le lacrime agli occhi se la ruspa faccia anche trasporti notturni internazionali, ho deciso che tanto interesse merita la condivisione dei miei piani segreti per il fine settimana: ho saputo, infatti, che starò da sola a casa per due giorni.
La notizia mi ha dato una scarica di adrenalina: se prima ero molto stanca, preoccupata, nervosa, dopo ero molto sorridente, scherzosa, entusiasta della vita. Sola significa che con me ci saranno soltanto tre gatti e un cane, e che il cane mi fisserà tutto il tempo implorante e dormirà appiccicato a me e appena aprirò gli occhi troverò i suoi che mi guardano. Implorante di che cosa, non si sa. Implorante di tutto, implorante esistenziale, quindi forse anche implorante di ruspa. Sola significa che mi alzerò all’ora che voglio, incurante del cane, preparerò la moka grande e berrò tutto il caffè, poi ne preparerò un’altra e berrò anche quella, poi ancora in pigiama infilerò degli enormi guanti da giardinaggio (io non ho un giardino) e darò inizio alla festa, senza testimoni parlanti. Nessun essere umano potrà chiedermi che cosa ho messo dentro quel sacco enorme, nero, grosso e resistente che sto trascinando giù per le scale. I gatti mi guarderanno con aria interrogativa, le orecchie all’indietro, cercheranno di infilarsi dentro il sacco, io glielo impedirò e poi dirò. con sguardo spiritato e mani guantate: questo è solo il primo.
Nessuno potrà dirmi che non ho il diritto di buttare la spillatrice di birra rotta da cinque anni, nessuno potrà vietarmi di lanciare dentro il sacco tutti i calzini bucati e le tazze di Frozen e i calendari del 2021 e le ballerine di Siviglia di plastica, nessuno saprà che ci sono anche cose nuovissime che meritano di essere buttate: per bruttezza patologica, per offesa allo sguardo. Come vi siete permessi di introdurre in casa mia quella specie di mostruoso karaoke con il microfono di gommapiuma gialla? Come avete potuto pensare che io avrei subito per tre anni la presenza e quindi la visione quotidiana di quel catafalco che apre le bottiglie con i denti? Eppure, l’ho subita per sei anni. E’ giunta la tua ora, catafalco. Di’ addio al mondo e alla mia cucina. Ti lascio aprire un’ultima bottiglia, ma poi entra nel sacco nero senza fare resistenza. Marie Kondo dice che bisogna ringraziare ogni oggetto prima di buttarlo, ringraziarlo per la strada fatta insieme. Beh, io non ci penso proprio a ringraziare.
Quando hanno visto i miei occhi brillare, gli esseri non sempre umani con cui divido la cena hanno capito: mamma, perché hai quella faccia da film horror? Mamma, guarda che non partiamo più. Mettiamo le telecamere. Mio figlio minaccia di fotografare ogni angolo della casa prima di uscire, ma so che è troppo pigro per farlo, quindi aspetto soltanto che arrivi sabato. Non andrò troppo in profondità, perché non voglio farmi venire un infarto né scoprire che dentro il materasso sono stati cuciti i souvenir della gita a Napoli con la scuola. Ma saranno due giorni stupendi: il coronamento della mia grande e osteggiata storia d’amore con la ruspa.